IL CONTRIBUTO DEGLI ENTI LOCALI NELLA PROGETTAZIONE EDILIZIA SOSTENIBILE

 

di Vincenzo Zito

CNR – Istituto per le Tecnologie della Costruzione, Bari

 

(da L’Ufficio Tecnico, Maggioli ed., n.5/2006)

 

Introduzione

 

Com’è noto da molti anni il tema della progettazione sostenibile si è imposto all’attenzione di quanti, progettisti e pubblici amministratori, sono consapevoli della necessità inderogabile di rapportare l’attività umana in campo edilizio alla realtà della limitatezza delle risorse energetiche ed ambientali del nostro pianeta.

 

Dopo la conferenza di Rio de Janeiro del 1992 numerose amministrazioni comunali hanno dato vita alla propria “Agenda 21” al fine di stimolare comportamenti finalizzati al contenimento dei consumi energetici. Per quanto riguarda il settore edilizio, nel 1994 al termine della conferenza europea sulle città sostenibili, è stata promulgata la “Carta delle città europee per un modello urbano sostenibile" (cosiddetta Carta di Aalborg). In Italia, nello spirito della Carta di Aalborg, nel 1998 è stato adottato il “Codice concordato di raccomandazioni per la qualità energetico ambientale di edifici e spazi aperti”, promosso dall’ENEA e che coinvolge 66 amministrazioni comunali, 6 tra amministrazioni regionali e provinciali, oltre a 13 enti di varia natura (Ministeri, IACP, Ordini professionali, ecc.). Con la partecipazione al “Codice concordato” gli enti interessati hanno assunto l’impegno di adeguare i propri comportamenti e la propria normativa ai principi della progettazione sostenibile, secondo un ordine di scala che va dal territorio al singolo edificio.

 

Sempre in tema di sviluppo sostenibile, nel 2004 l’Associazione Nazione Cooperative di Abitanti, membro della Lega delle Cooperative, ha promosso un “codice concordato” ANCAb per lo sviluppo sostenibile. Il documento impegna le cooperative di costruzione aderenti alla Lega delle Cooperative ad adottare negli interventi edilizi dei comportamenti progettuali in linea con i principi del costruire sostenibile.

 

Parallelamente altre iniziative sono state assunte da alcune pubbliche amministrazioni, sovente in collaborazione con università ed enti di ricerca. Tra gli altri occorre citare la Regione Emilia Romagna che, nello schema di Regolamento edilizio tipo del 1995, ha inserito un apposito capitolo di “Requisiti raccomandati” per le opere edilizie, divenuti nella versione 2001 “Requisiti volontari”, contenenti indirizzi per il contenimento dei consumi energetici.

Più recentemente la Provincia di Milano ha adottato, in collaborazione con il Dipartimento di Scienza e Tecnologia dell’Ambiente Costruito del Politecnico, le “Linee Guida per la definizione di un Regolamento Edilizio tipo provinciale” con contenuti volti alla sostenibilità ambientale.

Tra le iniziative dei comuni è il caso di segnalare il recente intervento del comune di Rimini che ha approvato un allegato al Regolamento Edilizio comunale contenente “Misure Volontarie in Bioedilizia”.

 

Infine occorre segnalare come i recenti provvedimenti legislativi in tema di contenimento dei consumi energetici, il DM 7 luglio 2005 ed il Dlgs 19/8/2005, n.192, impongano ai comuni di modificare i propri strumenti urbanistici al fine di conseguire risparmi energetici attraverso l’opportuno orientamento degli edifici.

 

L’edilizia sostenibile: dai casi esemplari verso il “fare” diffuso

 

Quello che emerge dalla lettura e dall’analisi delle iniziative e dei documenti in atto è che gli strumenti per il raggiungimento dell’obiettivo della “sostenibilità” sono impostati quasi esclusivamente intorno all’involucro edilizio. Se a questo aggiungiamo che, generalmente, il rapporto tra P.A. e cittadino è impostato in termini di adesione volontaria, più o meno sollecitata da incentivi di varia natura (economici, di cubatura, ecc.), ci si rende conto che i risultati concreti della “politica” in tema di sostenibilità ambientale perseguita dalle pubbliche amministrazioni non possono che essere episodici, frammentari ed ininfluenti rispetto alla produzione edilizia complessiva. In altre parole, sino ad oggi non sono ravvisabili comportamenti generalizzati finalizzati al tema della sostenibilità, al difuori dei casi esemplari riportati nelle riviste specializzate, che possano avere un impatto positivo e misurabile sull’ambiente.

 

Su questo tema bisogna essere consapevoli che non è sufficiente l'aggiunta di un pannello solare o di un prodotto naturale ad un intervento normale per trasformarlo in ecologico ma che, invece, l'approccio sostenibile richiede, per poter essere applicato correntemente, un concreto e profondo cambiamento nelle prassi e nei comportamenti di tutti gli operatori del processo edilizio, a cominciare dalla scala urbana per finire al più piccolo degli interventi. Naturalmente in questo processo il ruolo di “capofila” non può che essere svolto dalle pubbliche amministrazioni e, in particolare, dagli enti locali ai quali è affidato il ruolo di guida del processo di trasformazione del territorio.

 

I “binari” entro i quali le amministrazioni possono e “devono” muovere le loro azioni sono adeguatamente descritti nella Carta di Aalborg e, in termini marcatamente operativi, sia nel “Codice Concordato” ENEA del 1998 che in quello ANCAb del 2004. La trasformazione dei principi in essi indicati in atti concreti richiede, però, una revisione generale delle normative urbanistico-edilizie degli enti. Tale operazione comporta un notevole sforzo progettuale da parte degli enti e dei progettisti, tanto più notevole in quanto gli stessi sono abituati ad una normativa edilizia di tipo prescrittivo-generalista, in genere avulsa dal contesto in cui deve espletare la propria efficacia e, quindi, priva di quei contenuti metaprogettuali che invece sono richiesti nell’attuazione dei suddetti documenti.

 

Alcuni esempi sono necessari per chiarire meglio la portata di quanto affermato.

 

- Progettazione ambientale.

Il Codice ENEA impegna le amministrazioni a favorire una progettazione che considera i dati climatici locali quali materiali primari. Ne consegue che l’uso del suolo e la configurazione geometrica dei raggruppamenti di edifici e del verde, ai fini del raffrescamento e riscaldamento passivo di edifici e spazi aperti e per la protezione da correnti fredde, dovrà tener conto delle condizioni ambientali: esposizione del sito, latitudine, direzione dei venti principali, ecc. Poiché, per quanto riguarda i venti, non è pensabile che i singoli progettisti possano svolgere apposite indagini, che per una medesima zona sarebbero ripetute inutilmente n volte, si rende necessario che tali indagini siano svolte dal comune in sede di redazione dello strumento urbanistico generale, in modo da fornire ai progettisti gli strumenti di lavoro finalizzati al conseguimento dell’obiettivo di cui sopra. Lo strumento urbanistico generale dovrebbe esplicitare quindi, attraverso la normativa di zona, la direzione dei venti dominanti freddi e caldi in rapporto ad ogni stagione ed i relativi indirizzi progettuali. Altrettanto dovrebbe farsi in merito all’orientamento degli edifici in funzione del risparmio energetico.

 

- Utilizzo degli spazi a verde – percorsi pedonali.

Sia il Codice concordato ENEA che il codice ANCAb si preoccupano a che il verde urbano non sia considerato soltanto un elemento di arredo, ma che faccia “sistema” con la viabilità e con gli edifici in modo da migliorare la qualità degli spazi. Per rendere operativa questa dichiarazione di principio è necessario che la normativa urbanistica locale dia precise indicazioni in tal senso agli operatori, siano essi progettisti che organi comunali di controllo. Ad esempio le NTA potrebbero prescrivere che nella redazione degli strumenti urbanistici esecutivi (p.p. o di lottizzazione) le zone a verde pubblico non debbano essere localizzate nelle aree residuali e/o marginali dell’intervento, come accade nella prassi quotidiana, ma che debbano interagire con il contesto in cui sono inserite, tenendo conto del percorso apparente del sole e dei venti dominanti. Su questo punto il Regolamento edilizio potrebbe prescrivere che i percorsi pedonali siano studiati in rapporto all’andamento delle ombre portate delle alberature in modo da proteggere i pedoni durante la stagione estiva dall’eccessivo soleggiamento. Lo stesso R.E. potrebbe stabilire che il sistema delle alberature debba essere studiato tenendo conto anche di questa esigenza, raccomandando l’uso di piante autoctone a foglia caduca, idonee a garantire l’ombreggiamento durante la stagione estiva e il soleggiamento durante quella invernale, chiedendo la produzione di un elaborato tecnico esplicativo di tale risultato.

Analogo ragionamento può farsi per il verde privato. Il Regolamento edilizio potrebbe prescrivere di evitare la messa a dimora di piante d’alto fusto sempre verdi di fronte alle facciate esposte a nord. Potrebbe inoltre stabilire un rapporto minimo da osservarsi tra altezza della pianta in età adulta e distanza dall’edificio.

 

- Parametri urbanistico-edilizi: altezze e distanze.

Entrambi documenti ENEA e ANCAb raccomandano che la scelta della disposizione planimetrica degli organismi edilizi sia fatta in modo da avvantaggiarsi degli apporti diretti del soleggiamento mediante sistemi solari passivi. Ciò comporta, tra l’altro, che nella disposizione dei corpi di fabbrica non si verifichino intersezioni con le ombre portate degli edifici attigui. Per raggiungere questo obiettivo è necessario che le NTA prescrivino questo criterio progettuale per la redazione degli strumenti urbanistici attuativi. Questo tuttavia può non essere sufficiente e potrebbe essere in contrasto con altre disposizioni normative. Se, ad esempio, in relazione alla latitudine di un ipotetico insediamento di espansione ubicato nelle regioni settentrinali, la lunghezza dell’ombra portata alle ore 12,00 del solstizio d’inverno è pari all’altezza dell’edificio, ne consegue che la distanza minima da osservare tra edifici fronteggianti non può essere inferiore all’altezza degli stessi. In quest’ottica una normativa tecnica che consenta altezze maggiori della distanza tra edifici sicuramente non favorisce il rispetto della suddetta raccomandazione. Tale maggiore altezza invece potrebbe essere possibile negli insediamenti ubicati nelle regioni meridionali in quanto, com’è noto, la maggior altezza apparente del sole comporta ombre portate più corte. Ne consegue che la normativa tecnica del PRG deve essere studiata e contestualizzata in relazione allo specifico territorio in cui deve operare anziché, come avviene nella prassi corrente, essere acriticamente copiata da manuali e prontuari.

 

- Parametri urbanistico-edilizi: indici di fabbricabilità.

Il Codice ENEA impegna le amministrazioni ad attivare, tramite gli strumenti urbanistici, processi di densificazione al fine di ridurre il consumo di suolo e ridurre i costi generati dalla eccessiva espansione dell’edificato. Per l’attuazione di questo principio si rende necessario rivedere il complesso sistema degli standard urbanistici che ancora oggi è ancorato al noto decreto ministeriale del 1968. Questo ruolo non può che essere svolto dalle regioni, le quali hanno competenza costituzionale in materia urbanistica, le quali dovranno contestualmente stabilire dei criteri operativi per guidare i comuni nella relativa applicazione in modo da evitare che si verifichi un generalizzato ed indiscriminato incremento del carico urbanistico in zone dove mancano le relative infrastrutture

 

Sullo stesso tema il Codice ENEA impegna le amministrazioni a utilizzare indici di fabbricabilità espressi in temini di mq n.u./mq (metro quadrato netto utile su metro quadrato). Tale impostazione intende concretamente rimediare ad alcuni inconvenienti che si riscontrano nell’utilizzo del tradizionale parametro mc/mq (metro cubo su metro quadro). E’ noto che l’uso di questo tradizionale parametro scoraggia interventi di maggior coibentazione delle murature perimetrali, in genere comportanti maggior spessore e, quindi, spreco di cubatura. Il problema è talmente sentito al punto che alcune regioni settentrionali quali Lombardia, Venetoe Piemonte (ma anche meridionali quali Puglia e Basilicata) hanno stabilito che il maggior spessore impiegato per migliorare la resistenza passiva delle chiusure esterne non viene computato al fine dell’indice di cubatura. Tuttavia tale artificio normativo si appalesa chiaramente di natura estemporanea e si colloca al difuori di una logica normativa coerente. L’utilizzo del parametro mq n.u./mq , invece, consentirebbe di superare validamente non solo questo problema, ma anche altri. Ad esempio, esso consentirebbe di realizzare altezze interne utili maggiori dell’ormai standardizzato mt 2,70, decisamente inappropriato in un paese, come l’Italia, caratterizzato da ambiti climatici notevolmente differenziati, con conseguente aumento del “cubo d’aria” in favore di una migliore qualità ambientale negli spazi confinati nelle zone “calde”. Per raggiungere questo obiettivo si rende necessaria una revisione concettuale di tutto il tradizionale sistema di parametrizzazione edilizia, obiettivo di difficile realizzazione in quanto vi si oppone una resistenza inerziale dell’attuale sistema a modificare se stesso. Tuttavia, nonostante tale difficoltà, questa rivoluzione di contenuti è necessaria e, a tal fine, un ruolo attivo delle regioni in virtù della loro competenza costituzionale in materia è insostituibile.

 

- Coibentazione delle coperture e utilizzo dei sottotetti.

Il Codice ENEA, con l’intento di ridurre il consumo di suolo, impegna le amministrazioni a promuovere il recupero dei sottotetti a fini abitativi. Per quest’ultimo aspetto bisogna ricordare che già alcune regioni hanno adottato apposite leggi volte al recupero abitativo dei sottotetti (Lombardia, Piemonte, Basilicata). Tuttavia anche in questo caso non si può non rilevare come tali provvedimenti siano caratterizzati dalla casualità e dalla occasionalità degli interventi, privi di un’ottica complessiva che consenta di valutare anche costi (sul carico urbanistico, sul traffico veicolare, ecc.) e benefici (in termini di risparmio energetico, di densificazione abitativa, ecc.). Anche per questo è necessario che le regioni si impegnino a ricondurre la normativa sul recupero dei sottotetti nell’ottica più generale e complessiva della gestione del territorio e fornire ai comuni gli indirizzi operativi per la corretta attuazione.

 

Conclusioni

 

Le esemplificazioni sopra riportate evidenziano come per fare in modo che l’edilizia sostenibile diventi un “fare” diffuso e costante è necessario, da parte degli enti locali, una profonda revisione delle metodologie sino ad oggi adottate come prassi costante nella redazione degli strumenti urbanistici generali ed attuativi. Tale revisione riguarda particolarmente le Norme tecniche d’attuazione ed al Regolamento edilizio (per usare una terminologia “classica”), che costituiscono la componente “scritta” dell’urbanistica. Agli odierni strumenti urbanistici, più generici che generalisti, occorre sostituire strumenti appositamente studiati per quel determinato territorio in cui dovranno trovare applicazione. Tali strumenti, inoltre, dovranno assumere la veste di una vera e propria guida alla progettazione, in modo che nell’insieme possano configurare un’ “idea” di città nella quale l’edilizia sostenibile possa costituire un elemento fondante. Le indicazioni contenute nei Codici-Concordato ENEA e ANCAb citati all’inizio di questa relazione, se attentamente e correttamente applicate, possono costituire un ottimo punto di avvio.

 

Indirizzi utili

 

La Carta di Aalborg (1994) è scaricabile da http://www.ba.itc.cnr.it/RE/Documenti/Aalborg.htm

 

Il Codice concordato di raccomandazioni per la qualità energetico ambientale di edifici e spazi aperti (1998) è scaricabile da http://www.ba.itc.cnr.it/RE/Documenti/CODICE%20CONCORDATO.htm

 

Il Codice concordato Ancab è scaricabile da http://www.legacoop.coop/documenti_2/codice_ancab.html#pre

 

I Regolamento edilizio tipo del 1995 e del 2001 della regione Emilia Romagna sono scaricabili da http://www.ba.itc.cnr.it/RE/emilia_r.htm

 

Le Linee Guida per la definizione di un Regolamento Edilizio tipo provinciale di Milano sono scaricabili da http://temi.provincia.milano.it/ambiente/energia/tavoloenergia.shtml

 

Le Misure Volontarie in Bioedilizia del comune di Rimini sono scaricabili da http://www.riminiambiente.it