LEGGE REGIONALE N. 1 DEL 5-01-2000
REGIONE LOMBARDIA

RIORDINO DEL SISTEMA DELLE AUTONOMIE IN LOMBARDIA.
ATTUAZIONE DEL D. LGS. 31 MARZO 1998, N. 112 (CONFERIMENTO DI FUNZIONI E COMPITI AMMINISTRATIVI DELLO STATO ALLE REGIONI ED AGLI ENTI LOCALI, IN ATTUAZIONE DEL CAPO I DELLA LEGGE 15 MARZO 1997, N. 59)

Fonte: BOLLETTINO UFFICIALE DELLA REGIONE LOMBARDIA
N. 2
del 10 gennaio 2000
SUPPLEMENTO ORDINARIO N. 1
Indice:
Articoli della Legge:
1   2   3   4   5   6  
IL CONSIGLIO REGIONALE
ha approvato
IL COMMISSARIO DEL GOVERNO
ha apposto il visto
IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE
promulga
la seguente legge regionale

 

 

ARTICOLO 3

(Territorio, ambiente ed infrastrutture)


1. La materia territorio, ambiente e infrastrutture comprende tutte le 
funzioni ed i compiti  in tema di “territorio e urbanistica”, 
“edilizia residenziale pubblica”, “protezione della natura e 
dell’ambiente, tutela dell’ambiente dagli inquinamenti e gestione dei 
rifiuti”, “risorse idriche e difesa del suolo”, “lavori pubblici”, 
“viabilità”, “trasporti” e “protezione civile”.

2. Sono mantenute in capo alla Regione le seguenti funzioni:

a) adozione e approvazione dei piani territoriali regionali  e 
relativi stralci e varianti; 
b) adozione e approvazione del piano territoriale paesistico regionale 
e relative varianti;
c) definizione delle linee generali di assetto del territorio 
regionale;
d) verifica della compatibilità dei piani territoriali di 
coordinamento provinciali e loro varianti con le linee generali di 
assetto del territorio regionale di cui alla lett. c), nonchè con gli 
strumenti di pianificazione e programmazione regionali;
e) apposizione di nuovi vincoli paesistici e revisione di quelli 
esistenti;
f) espressione del parere previsto nell’ambito della procedura di 
valutazione di impatto ambientale di competenza statale;
g) procedure per la localizzazione di opere pubbliche di interesse di 
amministrazioni diverse dalla Regione e dagli enti locali, anche in 
variante agli strumenti urbanistico-territoriali; la Giunta regionale,  
entro trenta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, 
definisce le modalità tecnico-operative per l’esplicazione delle 
procedure di localizzazione e per la redazione dello studio previsto 
dall’art. 55, comma 2, del d.lgs. 112/1998;
h) emanazione di direttive concernenti le zone sismiche e loro 
individuazione, nonché formazione e aggiornamento degli elenchi delle 
zone medesime;
i) assunzione dei provvedimenti di natura paesistica contemplati 
all’art. 2 della l.r. 9 giugno 1997, n. 18 (Riordino delle competenze 
e semplificazione delle procedure in materia di tutela dei beni 
ambientali e di piani paesistici. Subdeleghe agli enti locali);
j) supporto agli enti locali in materia paesistico-ambientale e 
urbanistica;
k) gestione coordinata dei sistemi informativi territoriali, quali il 
sistema informativo in materia di beni ambientali (SIBA), il centro di 
documentazione paesistica (CDP), il mosaico degli strumenti 
urbanistici e il sistema informativo relativo alla valutazione di 
impatto ambientale (SILVIA);
l) emanazione di nulla-osta per il rilascio di concessioni edilizie in 
deroga agli strumenti urbanistici generali comunali;
m) repressione di opere abusive e annullamento di concessioni edilizie 
illegittime, di cui, rispettivamente, agli artt. 26 e 27 della legge 
17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica)  come sostituiti dagli 
artt. 6 e 7 della legge  6 agosto 1967, n. 765 (Modifiche e 
integrazioni alla legge 17 agosto 1942, n. 1150).

3. Sono trasferite alle province le funzioni amministrative di 
interesse provinciale che riguardino vaste zone intercomunali o 
l’intero territorio provinciale e in particolare:

a) l’approvazione del piano territoriale di coordinamento provinciale 
di cui ai commi da 25 a 40, secondo le procedure ivi previste; 
b) la verifica, di cui al comma 18, sulla compatibilità dei piani 
regolatori generali comunali e relative varianti, nonchè dei piani 
attuativi di interesse sovracomunale con il rispettivo piano 
territoriale di coordinamento provinciale; 
c) l’esercizio dei poteri sostitutivi in materia urbanistico-edilizia, 
di cui alla vigente legislazione, ad esclusione di quanto previsto 
dalla lett. m) del comma  2.

4. Si considerano di interesse sovracomunale le funzioni che 
riguardano l’intero territorio provinciale o comunque quello di più 
comuni. 

5. Le funzioni di cui al comma 3, lettere b) e c), sono esercitate 
dalle province a far tempo dall’efficacia del rispettivo piano 
territoriale di coordinamento provinciale, ai sensi del comma 36.

6. Nell’esercizio delle funzioni trasferite la provincia assicura il 
confronto con i comuni, le comunità montane e gli altri enti locali e 
funzionali, attraverso appositi strumenti di concertazione. 

7. In ciascuna provincia è istituita una conferenza dei comuni e delle 
comunità montane, avente funzioni consultive e propositive nell’ambito 
delle materie trasferite alle province attinenti il territorio e 
l’urbanistica.

8. Alla conferenza partecipano i sindaci dei comuni e i presidenti 
delle comunità montane o loro rappresentanti; alle sedute della 
conferenza partecipano senza diritto di voto il presidente della 
provincia, il vice presidente e l’assessore competente, se delegato. 

9. La conferenza elegge tra i suoi componenti un presidente ed approva 
un regolamento per il suo funzionamento entro novanta giorni dal suo 
insediamento. Il regolamento deve prevedere che la conferenza sia 
convocata anche su proposta della provincia.

10. Il regolamento di cui al comma 9 prevede anche la possibilità di 
articolare la conferenza per ambiti territoriali delimitati in 
relazione a specifiche tematiche.

11. La conferenza assume le proprie determinazioni sulla base di voto 
ponderato, in relazione all’estensione territoriale e alla consistenza 
demografica, da disciplinare puntualmente in sede di regolamento.

12. Al fine di procedere all’elezione del presidente e 
all’approvazione del regolamento per il funzionamento della 
conferenza, il presidente della provincia convoca e presiede la prima 
seduta della conferenza stessa; sino all’approvazione del regolamento 
le decisioni sono assunte con il voto favorevole della maggioranza 
degli enti locali presenti.  
	
13. Sono trasferite ai comuni  le funzioni relative all’approvazione 
degli strumenti urbanistici comunali generali ed attuativi e relative 
varianti; tali funzioni vengono esercitate secondo le procedure di cui 
ai commi successivi. Restano ferme le funzioni già trasferite ai 
comuni dalla l.r. 23 giugno 1997, n. 23 (Accelerazione del 
procedimento di approvazione degli strumenti urbanistici comunali e 
disciplina del regolamento edilizio).

14. Il comune, nell’esercizio delle funzioni trasferite, deve 
assicurare un’adeguata informazione ai cittadini in merito alla 
definizione delle scelte urbanistiche e la trasparenza dell’azione 
amministrativa, disponendo la tempestiva pubblicazione su almeno un 
quotidiano o un periodico a diffusione locale di appositi avvisi 
riguardanti:

a) l’avvio del procedimento di formazione dello strumento urbanistico 
generale e delle sue varianti, stabilendo il termine entro il quale 
chiunque ne abbia interesse possa presentare istanze ai fini della 
determinazione delle scelte urbanistiche;
b) l’avvenuta adozione del piano e delle sue varianti, nonché il 
deposito presso la segreteria comunale, volto a consentire la loro 
conoscenza e la presentazione di osservazioni;
c) l’efficacia del piano e delle sue varianti ai sensi del comma 21.

15. Il comune, oltre a quanto previsto dal comma 14, può avvalersi di 
ulteriori mezzi di informazione anche di tipo radiotelevisivo o 
telematico.

16. Il comune promuove, inoltre, la partecipazione dei cittadini e il 
concorso delle organizzazioni sociali ed economiche alla formazione 
del piano regolatore generale e delle sue varianti mediante idonee 
forme di consultazione pubblica.

17. Al fine di assicurare la contestuale valutazione dei vari 
interessi pubblici tramite la raccolta di specifiche osservazioni e 
proposte, il comune, in sede di predisposizione del piano regolatore 
generale e sue varianti generali, indice la consultazione con la 
Regione, la provincia e le altre amministrazioni interessate. 

18. Il comune, contestualmente al loro deposito, trasmette alla 
provincia competente per territorio il piano regolatore generale 
adottato, o le sue varianti, ovvero il piano attuativo di interesse 
sovracomunale adottato. La provincia, entro novanta giorni dal 
ricevimento degli atti, ne verifica, garantendo comunque il confronto 
con il comune interessato, la compatibilità con gli aspetti di 
carattere sovracomunale contenuti nel proprio piano territoriale di 
coordinamento; decorso tale termine il comune decide sulle 
osservazioni e procede all’approvazione in via definitiva.
 
19. Nel caso in cui la provincia ravvisi, entro i termini ed a seguito 
del confronto di cui al comma 18, elementi di incompatibilità con il 
proprio piano territoriale di coordinamento, il comune procede ai 
conseguenti adeguamenti in sede di decisione sulle osservazioni e di 
approvazione definitiva; qualora il comune non provveda ai necessari 
adeguamenti, interviene in via sostitutiva il presidente della Giunta 
regionale o l’assessore competente, se delegato, mediante la nomina di 
un commissario ad acta.

20. Il comune, una volta definitivamente approvato il piano regolatore 
generale, o sue varianti, ovvero il piano attuativo di interesse 
sovracomunale, provvede a depositarlo immediatamente nella segreteria 
comunale, dandone pubblico avviso, e a trasmetterlo, per conoscenza, 
alla provincia e alla Giunta regionale. 

21. L’efficacia del piano regolatore generale, o sue varianti, ovvero 
del piano attuativo di interesse sovracomunale, decorre dalla data di 
pubblicazione dell’avviso di deposito sul BURL, da effettuarsi a cura 
del comune.

22. Dalla data di cui al comma 5 sono abrogati i commi da 2 a 5 
dell’art. 27 della l.r. 15 aprile 1975, n. 51 (Disciplina urbanistica 
del territorio regionale e misure di salvaguardia per la tutela del 
patrimonio naturale e paesistico), nonché i commi 2 e  3 dell’art. 10 
della l.r. 23/1997.

23. Un commissario ad acta, di cui all’albo previsto dall’art. 14 
della l.r. 23/1997, interviene in via sostitutiva nei termini e con le 
modalità previste all’art. 8, commi 2, 3 e 4 della legge stessa, nel 
caso in cui, sulla base di osservazioni precedentemente presentate, 
sia stata eccepita la violazione delle disposizioni di cui all’art. 
10, comma 2, lettere a), b), c) e d) della legge 1150/1942, 
riguardanti:

a) la compatibilità del piano regolatore generale o sue varianti con 
gli strumenti pianificatori e programmatori di livello sovracomunale, 
a tal fine valutando, eventualmente,  il parere espresso dalla 
provincia, ai sensi del comma 18;
b) il rispetto dei vincoli e delle norme di carattere 
paesistico-ambientale ed idrogeologico;
c) il rispetto delle norme di tutela del patrimonio storico-artistico, 
acquisendo, in presenza di vincoli previsti dalla legge 1 giugno 1939, 
n. 1089 (Tutela delle cose di interesse artistico e storico), il 
parere della competente Soprintendenza.

24. Alla l.r. 23/1997 sono apportate le seguenti modifiche:

a) i commi 5 e 6 dell’art. 3 sono sostituiti dai seguenti:

“5. Le varianti di cui al presente capo sono immediatamente depositate 
presso la segreteria comunale ed assumono efficacia dalla data di 
pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione Lombardia (BURL) 
dell’avviso di deposito, da effettuasi a cura del comune.
6.  Il comune, prima della pubblicazione di cui al comma 5, deve far 
pervenire,  per conoscenza, ai competenti uffici della Giunta 
regionale:
a)	copia autentica della deliberazione di cui al comma 4 e dei 
relativi elaborati tecnici;
b)	dichiarazione del segretario comunale attestante:
1)	l’avvenuta affissione all’albo pretorio comunale dell’avviso di 
deposito della variante;
2)	l’avvenuta trasmissione alla provincia territorialmente 
competente di copia autentica della deliberazione di approvazione e 
degli elaborati tecnici della variante.”.

b) I commi 2 e 3 dell’art. 5  sono sostituiti dai seguenti:

“2. Le  rettifiche, di cui al presente capo, sono immediatamente 
depositate presso la segreteria comunale ed assumono efficacia dalla 
data di pubblicazione sul BURL dell’avviso di deposito, da effettuarsi 
a cura del comune.
 3. Il comune, prima della pubblicazione di cui al  comma 2, 
trasmette,  per conoscenza, ai competenti uffici della Giunta 
regionale:
a) copia autentica della deliberazione di cui al comma 1 e dei 
relativi elaborati tecnici;
b) dichiarazione del segretario comunale attestante:
1)	l’avvenuta affissione all’albo pretorio comunale dell’avviso di 
deposito della deliberazione di rettificazione;
2)	l’avvenuta trasmissione alla provincia territorialmente 
competente di copia autentica della deliberazione di rettificazione e 
degli elaborati del piano regolatore generale eventualmente 
modificati.”.

c) Al comma 2 dell’art. 6 le parole “Nei casi previsti dall’art. 2, 
comma 2” sono sostituite dalle seguenti: “Nei casi previsti dall’art. 
2, commi 1 e 2”.

d) Il comma 4 dell’art. 10 è sostituito dal seguente:

“4. Qualora il parere di cui al comma 3 sia negativo, il consiglio 
comunale ne prende atto; diversamente, con deliberazione di 
approvazione, decide sulle osservazioni ed opposizioni ed introduce le 
eventuali modifiche richieste. In caso di inerzia del comune 
nell’assunzione degli atti di sua competenza, si applicano le  
disposizioni di cui all’art. 8 in quanto compatibili”.

e) I commi 2 e 3 dell’art. 12 sono sostituiti dai seguenti:
 
“2. Il regolamento edilizio è immediatamente depositato presso la 
segreteria comunale ed assume efficacia dalla data di pubblicazione 
sul BURL dell’avviso di deposito, da effettuarsi a cura del comune.
3. Il comune, prima della pubblicazione di cui al comma 2, deve far 
pervenire,  per conoscenza, ai competenti uffici della Giunta 
regionale:
a)	copia autentica della deliberazione di cui al comma 1 e del 
regolamento edilizio; 
b)	dichiarazione del segretario comunale attestante:
1)	l’avvenuta affissione all’albo pretorio comunale dell’avviso di 
deposito del regolamento edilizio;
2) l’avvenuta trasmissione alla provincia territorialmente competente 
di copia autentica della deliberazione di approvazione e del relativo 
regolamento edilizio”.

25. Il piano territoriale di coordinamento provinciale, in attuazione 
degli artt. 14 e 15 della legge 142/1990, nonché ai sensi dell’art. 57 
del d.lgs. 112/1998,  provvede, in base  alle proposte dei comuni e 
degli altri enti locali, nonché in coerenza con le linee generali di 
assetto del territorio regionale di cui al comma 2, lett. c), e con 
gli strumenti di pianificazione e programmazione regionali, a 
coordinare l’individuazione degli obiettivi generali relativi 
all’assetto e alla tutela territoriale, definendo, inoltre, le 
conseguenti politiche, misure e interventi da attuare di competenza 
provinciale; il piano territoriale di coordinamento ha efficacia di 
piano paesistico - ambientale, ai sensi dell’art. 1 bis del d.l. 27 
giugno 1985, n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di 
particolare interesse ambientale) convertito con modificazioni dalla 
legge 8 agosto 1985, n. 431 (Conversione in legge, con modificazioni, 
del d.l. 27 giugno 1985, n. 312, recante disposizioni urgenti per la 
tutela delle zone di particolare interesse ambientale), fatto salvo 
quanto disposto dall'art. 5 della l.r. 27 maggio 1985, n. 57 
(Esercizio delle funzioni regionali in materia di protezione delle 
bellezze naturali e subdelega ai comuni) relativamente ai piani di 
coordinamento dei parchi.

26. Il piano territoriale di coordinamento provinciale è atto di 
programmazione generale che definisce gli indirizzi strategici di 
assetto del territorio a livello sovracomunale con riferimento al 
quadro delle infrastrutture, agli aspetti di salvaguardia 
paesistico-ambientale, all’assetto idrico, idrogeologico ed 
idraulico-forestale, previa intesa con le  autorità competenti in tali 
materie, nei casi di cui all’art. 57 del d.lgs. 112/1998 ed in 
particolare contiene:

a) l’indicazione delle vocazioni generali del territorio con riguardo 
agli ambiti di area vasta;
b) il programma generale delle maggiori infrastrutture e delle 
principali linee di comunicazione e la relativa localizzazione di 
massima sul territorio;
c) le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica ed 
idraulico-forestale ed in genere per il consolidamento del suolo e la 
regimazione delle acque.

27. Il piano territoriale di coordinamento provinciale può avere, 
previa intesa tra la provincia e i comuni interessati, contenuti 
ulteriori rispetto a quelli di cui al comma 26 e, in particolare, può 
individuare aree da destinare al soddisfacimento di specifici 
fabbisogni non risolvibili su scala comunale.  

28. Il piano territoriale di coordinamento provinciale, per quanto 
attiene ai contenuti e all'efficacia di piano paesistico-ambientale, 
oltre a quanto previsto dall'art. 13 della l.r. 18/1997, provvede a:

a)	individuare le zone di particolare interesse 
paesistico-ambientale, di cui alla lett. b) dell'art.13 della l.r. 
18/1997, sulla base delle proposte dei comuni ovvero, in mancanza di 
tali proposte, degli indirizzi regionali, di cui all'art. 14 della 
medesima l.r. 18/1997, i quali definiscono i criteri per 
l'individuazione delle zone stesse, cui devono attenersi anche i 
comuni nella formulazione delle relative proposte;
b)	indicare gli ambiti territoriali in cui risulti opportuna 
l'istituzione di parchi locali di interesse sovracomunale,  in 
conformità ai commi 57 e 58.


29. Nelle aree comprese nel territorio di parchi e di aree regionali 
protette, il piano territoriale di coordinamento provinciale:

a)	recepisce i contenuti naturalistico-ambientali dei piani dei 
parchi e degli strumenti di programmazione e gestione approvati; nel 
caso di piani di parco adottati, il piano territoriale  di 
coordinamento provinciale si attiene alle misure di salvaguardia dei 
piani stessi, di cui all'art. 18, comma 6, della l.r. 30 novembre 
1983, n. 86 (Piano generale delle aree regionali protette. Norme per 
l’istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti 
naturali, nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e 
ambientale);
b)	coordina con gli enti gestori la definizione delle indicazioni 
territoriali, di cui ai commi 26 e 27, qualora incidenti su aree 
comprese nel territorio di parchi ed aree regionali protette.

30. Nella fase di predisposizione del piano territoriale di 
coordinamento provinciale, la provincia assicura la partecipazione 
attiva dei comuni, delle comunità montane, degli altri enti locali e 
delle autonomie funzionali e persegue la coerenza degli obiettivi di 
piano con le esigenze e le proposte manifestate da tali enti acquisite 
in via preventiva; nella medesima fase, la provincia può chiedere alla 
Regione apposita consultazione diretta ad ottenere orientamenti ed 
informazioni sulle linee generali di assetto del territorio regionale 
di cui al comma 2, lett. c), nonché sugli strumenti di pianificazione 
e programmazione regionali necessari per la redazione del piano. 

31. Il piano territoriale di coordinamento provinciale è adottato 
dalla provincia previo parere obbligatorio della conferenza prevista 
dal comma 7, dal quale la provincia può discostarsi in base a puntuale 
motivazione; il parere deve essere espresso entro novanta giorni dalla 
richiesta, decorsi i quali si intende favorevole.

32. Il piano è depositato per trenta giorni consecutivi presso la 
segreteria della provincia; contestualmente all’inizio del deposito, 
il provvedimento di adozione, con l’indicazione della sede presso la 
quale chiunque può prendere visione dei relativi elaborati, è 
pubblicato per trenta giorni consecutivi nell’albo dei comuni e degli 
altri enti locali interessati, nonché, a cura della provincia, sul 
BURL.

33. Entro trenta giorni dalla data di pubblicazione sul BURL, chiunque 
vi abbia interesse può presentare alla provincia le proprie 
osservazioni al piano.

34. La provincia, contestualmente al deposito del piano territoriale 
di coordinamento o sue varianti, lo trasmette alla Giunta regionale 
che, entro centottanta giorni dal ricevimento degli atti, ne verifica, 
garantendo comunque il confronto con la provincia interessata, la 
conformità alle disposizioni della presente legge, la coerenza con le 
linee generali di assetto del territorio regionale di cui al comma 2, 
lett. c), nonché con gli strumenti di pianificazione e programmazione 
regionali. Decorso tale termine la provincia, sentita la conferenza di 
cui al comma 7 che si esprime entro sessanta giorni dalla richiesta, 
all’infruttuosa scadenza dei quali il parere si intende favorevole, 
decide sulle osservazioni presentate e procede all’approvazione 
definitiva. 

35. Nel caso in cui la Regione ravvisi, entro i termini ed a seguito 
del confronto previsti al comma 34, elementi di incoerenza con le 
linee generali di assetto del territorio regionale di cui al comma 2, 
lett. c), nonché con gli strumenti di pianificazione e programmazione 
regionali, la provincia provvede ai conseguenti adeguamenti in sede di 
decisione sulle osservazioni e di approvazione definitiva.

36. Il piano territoriale di coordinamento provinciale acquista 
efficacia dalla data della sua pubblicazione sul  BURL, da effettuarsi 
a cura della provincia.

37. Dalla data di pubblicazione sul BURL della deliberazione di 
adozione del piano territoriale di coordinamento provinciale sino 
all’approvazione del piano stesso e, comunque, per non oltre due anni 
dalla medesima data di pubblicazione, è vietata la realizzazione di 
interventi in contrasto con specifiche previsioni del piano adottato 
inerenti gli aspetti di carattere sovracomunale di cui al comma 26, 
lettere b) e c) e al comma 27 salva espressa deroga da parte della 
provincia.

38. Qualora sia necessario, al fine di conseguire gli obiettivi del 
piano territoriale di coordinamento provinciale previsti dal comma 26, 
i comuni interessati adeguano il proprio strumento urbanistico 
generale entro due anni dalla data di approvazione del piano 
territoriale di coordinamento provinciale secondo le procedure 
semplificate di cui all’art. 3 della l.r. 23 /1997 come modificato dal 
comma 24, lettera a). 

39. La Regione provvede entro novanta giorni dall’entrata in vigore 
della presente legge a elaborare e approvare con provvedimento della 
Giunta regionale il documento contenente la definizione delle linee 
generali di assetto del territorio regionale per la predisposizione 
dei piani territoriali di coordinamento provinciali di cui al comma 2 
lett. c) del presente articolo. Qualora la Giunta regionale non 
provveda nei termini previsti, le province hanno facoltà di presentare 
i piani territoriali di coordinamento provinciali ai sensi del comma 
34.
        
40. Le province che alla data di entrata in vigore della presente 
legge hanno già predisposto il proprio piano territoriale di 
coordinamento, avendo preventivamente acquisito le proposte dei 
soggetti di cui al comma 30, possono adottare, in conformità ai commi 
26 e 27, pubblicare e trasmettere alla Giunta regionale il piano 
stesso con le procedure di cui ai commi 31, 32, 33 e 34.

41. Sono mantenute in capo alla Regione le seguenti funzioni:
	
a) la determinazione delle procedure di rilevazione del fabbisogno 
abitativo, tenendo conto della consistenza del patrimonio edilizio 
esistente e delle sue possibilità di integrazione attraverso l’azione 
coordinata e sinergica dei diversi soggetti sociali ed economici 
presenti sul territorio regionale;
b) la determinazione delle linee di intervento e degli obiettivi di 
settore attraverso il programma regionale per l’edilizia residenziale 
di cui al comma 52;
c) la predisposizione dei programmi annuali di attuazione del 
programma regionale per l'edilizia residenziale di cui al comma 52, 
lettera a);
d) la verifica dell’efficacia dei programmi attuati e dell’efficienza 
nell’utilizzo delle risorse finanziarie;
e) la determinazione dei limiti di costo da rispettare nella 
realizzazione degli interventi;
f) l’approvazione dei progetti ai sensi della legislazione vigente e 
la verifica di congruità dei costi;
g) la determinazione dei tassi di interesse per i finanziamenti in 
conto interessi e delle quote di contributo in conto capitale;
h) la determinazione dei limiti di reddito per l’accesso ai 
finanziamenti di edilizia residenziale pubblica;
i) la determinazione dei requisiti soggettivi dei beneficiari finali;
j) la determinazione dei requisiti oggettivi degli interventi;
k) la promozione e il coordinamento della formazione e gestione 
dell’anagrafe dei soggetti fruenti di contributi pubblici e 
dell’inventario del patrimonio di edilizia residenziale pubblica;
l) la promozione di iniziative di ricerca;
m) la determinazione dei criteri generali per l’assegnazione e la 
gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica;
n) la determinazione dei criteri generali per la fissazione dei canoni 
per l’edilizia residenziale pubblica;
o) l’individuazione delle modalità di gestione del sostegno 
finanziario al reddito per favorire l’accesso al mercato della 
locazione dei nuclei familiari meno abbienti;
p) l’esercizio dell’attività di vigilanza e controllo sulle aziende 
regionali per l’edilizia residenziale (ALER);
q) il concorso con la competente amministrazione dello Stato e con gli 
enti locali interessati nell’elaborazione di programmi di edilizia 
residenziale pubblica aventi interesse nazionale;
r) la determinazione dei criteri per l’esercizio della vigilanza sulle 
cooperative edilizie comunque fruenti di contributi pubblici.


42. La Regione, tramite le ALER di cui alla l.r. 10 giugno 1996, n. 13 
(Norme per il riordino degli enti di edilizia residenziale pubblica ed 
istituzione delle ALER) assicura altresì:
a) la gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica 
conferito alle ALER per effetto della legge istitutiva;
b) l'implementazione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica, 
mediante l'attuazione dei programmi annuali di cui al comma 52, con 
autonome iniziative finanziarie da attivare in relazione al patrimonio 
conferito e con contratti da stipularsi col settore privato;
c) la manutenzione e riqualificazione del patrimonio edilizio 
esistente mediante progetti e programmi finanziati da specifiche 
componenti del canone di locazione;
d) la possibilità di gestione unificata del patrimonio di edilizia 
residenziale pubblica presente sul territorio, previo accordo con i 
comuni proprietari di alloggi.

43. La Giunta regionale, entro centottanta giorni dall’entrata in 
vigore della presente legge, presenta al Consiglio regionale per 
l’approvazione una proposta di programma regionale per l’edilizia 
residenziale, con i contenuti di cui al comma 52, lett. a). Nella 
proposta della Giunta regionale sono indicate anche le modalità di 
raccordo con gli interventi già programmati ai sensi della 
legislazione vigente. Entro lo stesso termine la Giunta regionale 
propone al Consiglio regionale i necessari adeguamenti della l.r. 
13/1996 per l'attuazione di quanto previsto al comma 42.

44. La Giunta regionale, nella predisposizione della proposta di 
programma regionale per l’edilizia residenziale e dei programmi 
annuali di attuazione, si avvale, in qualità di organismi consultivi, 
della consulta regionale per la casa e delle consulte territoriali per 
la casa, istituite ai sensi dell’art. 3 della l.r. 13/1996.

45. Le province predispongono e gestiscono, d’intesa con la Regione, 
sulla base dei criteri dalla stessa definiti e dei dati forniti dai 
comuni, un sottosistema informativo a livello provinciale, articolato 
su base comunale, finalizzato all’individuazione del fabbisogno 
abitativo, nonché alla programmazione e al coordinamento regionale 
degli interventi di manutenzione, recupero e nuova costruzione di 
alloggi di edilizia residenziale pubblica.

46. Alla copertura dei costi di formazione e gestione del sistema 
informativo di cui al comma 45 la Regione concorre mediante erogazione 
di quota parte dei fondi accantonati a tale scopo, in percentuale dei 
fondi disponibili per interventi di edilizia residenziale pubblica da 
definirsi nell’ambito del programma regionale per l’edilizia 
residenziale, in analogia a quanto previsto dall’art. 2, comma 1, 
lett. f), della legge 5 agosto 1978, n. 457 (Norme per l’edilizia 
residenziale).

47. I comuni concorrono alla predisposizione e gestione del sistema 
informativo a livello provinciale di cui al comma 45, rilevando per il 
proprio ambito territoriale il fabbisogno di edilizia residenziale 
pubblica, secondo le modalità e le procedure stabilite dalla Regione, 
d’intesa con le province. 

48. I comuni individuano il livello di servizio ottimale per il 
rispettivo territorio e concorrono, insieme alle ALER territorialmente 
competenti, alla individuazione delle tipologie di intervento atte a 
soddisfare i bisogni rilevati, alla localizzazione degli interventi da 
proporre nei programmi attuativi dei programmi regionali di edilizia 
residenziale pubblica ed alla selezione degli operatori privati per la 
realizzazione degli interventi.

49. Ai comuni sono delegate le funzioni relative a:
	
a) accertamento dei requisiti soggettivi per l’accesso ai 
finanziamenti di edilizia residenziale pubblica;
b) 	accertamento dei requisiti oggettivi degli interventi, ad 
esclusione di quello relativo agli interventi attuati dalle ALER che è 
effettuato dal comitato tecnico istituito presso ciascuna ALER ai 
sensi dell’art. 13 della l.r. 13/1996;
c) 	autorizzazione alla cessione in proprietà del patrimonio edilizio 
realizzato dalle cooperative a proprietà indivisa;
d) 	autorizzazione alla cessione o locazione, anticipata rispetto ai 
termini previsti dalle norme vigenti in materia, degli alloggi di 
edilizia agevolata.

50. I comuni esercitano le competenze di cui ai commi 47, 48 e 49 nel 
rispetto dei criteri e delle modalità stabiliti dalla Regione.

51. Nell’ambito della gestione degli alloggi di edilizia residenziale 
pubblica sono trasferite ai comuni tutte le funzioni amministrative 
concernenti l’assegnazione degli alloggi, con particolare riferimento 
a:

a) formazione e gestione dei bandi di assegnazione;
b) formazione e approvazione delle graduatorie per l’assegnazione 
degli alloggi;
c) promozione della mobilità degli assegnatari;
d) gestione delle riserve di alloggi, della decadenza, della revoca e 
della comminatoria di sanzioni amministrative in tema di occupazione e 
detenzione senza titolo.

52. Gli strumenti di pianificazione e programmazione dell’edilizia 
residenziale pubblica sono:

a) il programma regionale per l’edilizia residenziale pubblica a 
cadenza triennale, approvato dal Consiglio regionale, che costituisce 
il documento di riferimento per il coordinamento degli interventi e 
della spesa e determina:

1) le linee di intervento nel settore dell’edilizia residenziale 
pubblica, secondo gli obiettivi della programmazione socio-economica 
regionale, tenuto conto della programmazione territoriale della 
provincia, con particolare riferimento al soddisfacimento dei 
fabbisogni abitativi rilevati per singoli ambiti territoriali e per 
tipologie di intervento, da assolvere mediante interventi di edilizia 
residenziale pubblica;
2) l'impegno finanziario per il raggiungimento degli obiettivi di 
soddisfacimento dei fabbisogni abitativi di cui al n. 1);
3) le modalità di incentivazione;
4) la definizione dei settori di intervento;
5) i criteri generali per la ripartizione delle risorse finanziarie 
tra i vari settori di intervento;
6) i criteri generali per la scelta delle categorie di operatori;
7) le determinazioni in ordine alle modalità di erogazione dei flussi 
finanziari;

b) il programma annuale di attuazione, approvato dalla Giunta 
regionale, che individua gli interventi ammessi a finanziamento, 
nonché i criteri per la localizzazione puntuale degli stessi e per la 
scelta dei soggetti attuatori e determina altresì l'entità delle 
risorse finanziarie disponibili.


53. Nell’ambito della programmazione regionale di cui al Programma 
regionale di sviluppo, la Giunta regionale elabora linee 
programmatiche regionali sulla base del documento pluriennale “Stato 
dell’Ambiente” e delle sue scansioni annuali, definendo:

a) la determinazione delle priorità dell’azione ambientale;
b) il coordinamento degli interventi ambientali;
c) la ripartizione delle risorse finanziarie assegnate tra i vari 
interventi.

54. Qualora l’attuazione dei programmi regionali di tutela ambientale 
richieda l’iniziativa integrata e coordinata con l’amministrazione 
dello Stato o con altri soggetti pubblici o privati, si procede con 
intesa, accordo di programma o convenzione.

55.  L’elaborazione del documento pluriennale e delle sue scansioni 
annuali di cui al comma 53 spetta alla struttura regionale competente 
in materia di tutela ambientale. 

56. Le funzioni amministrative relative alle industrie soggette agli 
obblighi di comunicazione ai sensi dell’art. 6 del d.p.r. 17 maggio 
1988, n. 175 (Attuazione della direttiva CEE n. 82/501 relativa ai 
rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività 
industriali, ai sensi della legge 16 aprile 1987, n. 183), sono 
delegate alle province a decorrere dalla data di entrata in vigore 
della legge regionale di adeguamento alle nuove disposizioni di cui 
alla legge 19 maggio 1997, n. 137 (Sanatoria dei decreti legge recanti 
modifiche al d.p.r. 17 maggio 1988, n. 175, relativo ai rischi di 
incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali). 

57. Ferme restando in capo allo Stato le funzioni in materia di parchi 
naturali e riserve statali, marine e terrestri, come previsto dalla 
legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), sono 
di competenza regionale tutte le altre funzioni amministrative in 
materia di aree naturali protette, salvo quanto previsto dal comma 58. 

58. Sono delegate alle province:

a) le competenze in materia di parchi locali di interesse 
sovracomunale di cui all’art. 34 della l.r. 86/1983, consistenti in:

1)	riconoscimento dei parchi, su iniziativa e proposta dei comuni 
interessati;
2)	determinazione delle modalità di pianificazione e di gestione dei 
parchi stessi in base agli indirizzi stabiliti dalla Giunta regionale 
entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente 
legge;
3)	erogazione dei contributi ordinari e straordinari agli enti 
gestori dei parchi;

b) l’organizzazione della “Giornata del verde pulito”, di cui alla 
l.r. 20 luglio 1991, n. 14 (Istituzione della giornata del verde 
pulito).
	
59. In attesa di specifica normativa regionale di riassetto delle 
attribuzioni delle funzioni amministrative e di esercizio delle stesse 
in materia di inquinamento e tutela delle acque, in armonia con i 
principi ed in attuazione delle previsioni di cui al d.lgs. 11 maggio 
1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento 
e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento 
delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla 
protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati 
provenienti da fonti agricole) sono delegate alle province:
a) le funzioni di vigilanza e controllo;
b) le funzioni di accertamento degli illeciti amministrativi di cui 
all’art. 54 del d.lgs. 152/99, nonché di irrogazione delle sanzioni 
amministrative pecuniarie, fatte salve le funzioni di irrogazione che 
l’art. 56 dello stesso decreto pone in capo ai comuni.

60. Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative di 
cui al comma 59 sono incamerate dagli enti che adottano il 
provvedimento sanzionatorio. Le suddette somme devono essere 
destinate, in armonia con la previsione dell’art. 57 del d.lgs. 
152/99, ad opere di risanamento e di riduzione dell’inquinamento dei 
corpi idrici, ripartendo tali somme tra interventi di prevenzione e di 
risanamento.
	
61. Oltre alle funzioni stabilite dall’art. 4 della legge 26 ottobre 
1995, n. 447 (Legge quadro sull'inquinamento acustico), la Regione 
esercita le seguenti funzioni amministrative:

a) emanazione delle norme atte a regolare l’attività urbanistica ed 
edilizia nelle zone di rispetto A, B, C dell’intorno aeroportuale così 
come definite dal decreto del Ministro dell’ambiente 31 ottobre 1997 
(Metodologia di misura del rumore aeroportuale);
b) 	definizione delle procedure per l'acquisizione dei piani di 
risanamento comunali, ai fini della predisposizione, sentite le 
province, del piano regionale triennale d’intervento per la bonifica 
dall’inquinamento acustico; 
c) definizione dei criteri e delle procedure per la redazione, da 
parte delle imprese, dei  piani di risanamento acustico;
d) emanazione di linee-guida e direttive tecniche per l’applicazione 
della normativa regionale in materia di inquinamento acustico;
e) emanazione di direttive per le attività di monitoraggio e la 
formazione di banche dati  sul territorio regionale;
f) promozione e finanziamento di iniziative e campagne di informazione 
e sensibilizzazione finalizzate alla prevenzione ed al contenimento 
dell’inquinamento acustico, in particolare per dare ampia informazione 
sui dati ambientali, per l’educazione nelle scuole, per far conoscere 
gli effetti dell’inquinamento acustico sulle persone e sugli 
ecosistemi;
g) finanziamento di  attività di ricerca, di studi e di interventi a 
carattere sperimentale e per l’innovazione tecnologica, sui sistemi  
per la riduzione dell’inquinamento acustico;
h) organizzazione e finanziamento di corsi di formazione 
professionale, corsi di specializzazione, corsi di aggiornamento per 
lo sviluppo della professionalità nel campo dell’acustica ambientale e 
della prevenzione dell’inquinamento acustico.

62. La provincia esercita le seguenti funzioni amministrative:

a) controllo e vigilanza in ambiti territoriali ricadenti nel 
territorio di più comuni, con particolare riguardo alle emissioni ed 
immissioni sonore prodotte dalle infrastrutture ferroviarie e dalle 
infrastrutture stradali non comunali;
b) approvazione dei piani di risanamento comunali e verifica della 
loro attuazione;
c) approvazione del piano di risanamento relativo ad infrastrutture 
aeroportuali non utilizzate per lo svolgimento di servizi pubblici 
essenziali.

63. Oltre alle competenze stabilite dagli  artt. 6 e 14, comma 2, 
della legge 447/1995, spetta al comune l’approvazione dei piani di 
contenimento ed abbattimento del rumore presentati ai sensi dell’art. 
10, comma 5, della stessa legge.

64. La programmazione regionale, in assenso alle indicazioni 
comunitarie ed al loro recepimento nella normativa nazionale, attiva 
gli strumenti organizzativi e le attività di competenza.

65. Sono di rilevanza regionale le funzioni relative a:

a) individuazione di aree regionali o, d’intesa con le altre regioni 
interessate, interregionali, nelle quali le emissioni o la qualità 
dell’aria sono soggette a limiti o valori più restrittivi in relazione 
all’attuazione dei piani regionali di risanamento;
b) adozione dei piani di rilevamento, prevenzione, conservazione e 
risanamento atmosferico del territorio regionale, nel rispetto dei 
valori limite di qualità dell’aria, conformemente all’art. 4, comma 1, 
lett. a), del d.p.r. 24 maggio 1988, n. 203  (Attuazione direttiva CEE 
in materia di qualità dell'aria relativamente a specifici agenti 
inquinanti e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai 
sensi dell'art. 15 della legge 16 aprile 1987 n. 183);
c) fissazione degli obiettivi di qualità dell'aria, previsti dall'art. 
4, comma 1, lettere b), c), d), e), del d.p.r. 203/1988;
d) 	indirizzo e coordinamento dei sistemi di controllo e di 
rilevazione degli inquinanti atmosferici e organizzazione 
dell'inventario regionale delle emissioni, ai sensi dell'art. 4, comma 
1, lettera f), del d.p.r. 203/1988;
e) adozione dei provvedimenti di autorizzazione degli impianti, nuovi 
ed esistenti, compresi nell’allegato 1 al d.p.c.m. 21 luglio 1989 
(Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni ai sensi dell'art. 9 
della legge 8 luglio 1986, n. 349, per l'attuazione e 
l'interpretazione del d.p.r. 24 maggio 1988 n. 203 recante norme in 
materia di qualità dell’aria relativamente a specifici agenti 
inquinanti e di inquinamento prodotto da impianti industriali), nonchè 
di quelli che, pur rientrando nelle categorie di cui alla lettera f), 
utilizzano tecnologie non previste nei relativi criteri tecnici;
f) formulazione dei criteri tecnici relativi a specifiche categorie di  
impianti, in relazione al tipo ed alle modalità di produzione o per 
tipologie di inquinanti ed il loro aggiornamento, anche in base alle 
indicazioni degli organi di controllo tecnico;
g) coordinamento delle attività degli organi di controllo tecnico in 
materia di inquinamento atmosferico.

66. I criteri tecnici di cui al comma 65, lettera f), sono definiti 
tenendo conto dei seguenti elementi:

a) 	modalità di adeguamento tecnologico ai limiti di emissione in 
riferimento a materie prime ed intermedie, tecnologie produttive e 
sistemi di abbattimento;
b) modalità di esecuzione dei controlli analitici sulle materie prime 
e sulle emissioni inquinanti;
c) frequenza delle operazioni di manutenzione totale e parziale degli 
eventuali sistemi di abbattimento installati;
d) eventuale regolamentazione dei periodi transitori di marcia degli 
impianti produttivi e di avaria dei sistemi di abbattimento;
e) carattere sostanziale delle modifiche di cui all’art. 15, comma 1, 
lett. a), del d.p.r.  203/1988;
f) frequenza delle verifiche di rispetto dei limiti e delle 
prescrizioni fissate a carico del soggetto autorizzato;
g) modalità e tempi per l’esercizio delle funzioni di vigilanza.

67. Sono trasferite alle province le funzioni relative a: 
	
a) 	rilascio dell’abilitazione alla conduzione di impianti termici 
compresa l’istituzione dei relativi corsi di formazione;
b) tenuta ed aggiornamento degli inventari delle fonti di emissione.

68. Sono delegate alle province:

a) le funzioni amministrative concernenti, ai sensi degli artt. 6, 7 e 
15 del d.p.r. 203/1988, l’istruttoria e l’adozione dei provvedimenti 
di autorizzazione degli impianti connessi ad attività a ridotto 
inquinamento atmosferico, nonché degli impianti, non previsti 
nell’allegato 1 al d.p.c.m. 21 luglio 1989, per i quali la Regione 
abbia approvato i criteri tecnici di carattere generale;
b) le funzioni amministrative di competenza regionale, previste dagli 
artt. 8, 10, 14, 24 e 25 del d.p.r. 203/1988, concernenti gli impianti 
di cui alla lettera a).
	
69. Sono delegate ai comuni le funzioni amministrative riguardanti le 
attività ad inquinamento atmosferico poco significativo di cui 
all’elenco dell’allegato 1 del d.p.r. 25 luglio 1991 (Modifiche 
dell’atto di indirizzo e coordinamento in materia di emissioni poco 
significative e di attività a ridotto inquinamento atmosferico, 
emanato con d.p.c.m. in data 21 luglio 1989), secondo i criteri 
dettati dalla Giunta regionale.

70. La disciplina delle attività di gestione dei rifiuti urbani e dei 
rifiuti speciali assimilati agli urbani spetta alla Regione, che vi 
provvede anche mediante la predisposizione,  secondo le modalità 
stabilite dall’art. 22 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione 
delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti 
pericolosi e 94/62/CEE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), 
di  un piano di gestione, articolato in piani d’ambito territoriale 
ottimale. Ciascun piano di ambito deve assicurare una gestione dei 
rifiuti urbani e dei rifiuti speciali assimilati agli urbani conforme 
ai principi di efficienza, economicità, autosufficienza e prossimità 
dello smaltimento ai luoghi di produzione.

71. Competono alla Regione:

a) la delimitazione degli ambiti territoriali ottimali, che di norma 
coincidono con i territori delle province;
b) 	l’emanazione degli indirizzi e delle linee guida per la 
predisposizione dei piani di ambito;
c) 	l’approvazione dei piani di ambito;
d) la regolamentazione delle attività di smaltimento dei rifiuti 
urbani e assimilati in impianti localizzati al di fuori degli ambiti 
di provenienza;
e) la vigilanza sull’esercizio, da parte delle province, delle 
funzioni amministrative delegate; 
f) 	la definizione dei criteri per l’individuazione, da parte delle 
province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di 
smaltimento e recupero dei rifiuti;
g) 	l’approvazione dei progetti e l’autorizzazione alla 
realizzazione, nonché all’esercizio di particolari tipologie di 
impianti di smaltimento;
h) l’adozione delle ordinanze contingibili e urgenti di cui all’art. 
13 del d.lgs. 22/1997;
i) l’esercizio  dei poteri sostitutivi in caso di inadempienza da 
parte delle province;
j) 	l’elaborazione statistica e la diffusione dei dati inerenti alla 
produzione e alla gestione dei rifiuti urbani e assimilati sulla base 
di rilevamenti effettuati negli ambiti;
k) il coordinamento  e la promozione di interventi di sostegno e di 
incentivazione finalizzati a ridurre il quantitativo dei rifiuti 
urbani e assimilati, incrementando il mercato del riutilizzo dei 
materiali, anche mediante  la sottoscrizione di accordi di programma 
con gli operatori del settore;
l) l’incentivazione dei processi di smaltimento e recupero 
tecnologicamente avanzati mediante lo sviluppo di tecnologie 
innovative;
m) l’individuazione delle potenzialità ricettive degli impianti di 
combustione del sistema industriale lombardo di combustibile derivato 
da rifiuti (CDR), ricavato secondo le metodologie e con le 
caratteristiche qualitative di cui al decreto del ministro 
dell’ambiente 5 febbraio 1998 (Individuazione dei rifiuti non 
pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi 
degli artt. 31 e 33 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22); 
n) la promozione di attività educative, interventi di formazione, 
attività di divulgazione, sensibilizzazione e di formazione 
professionale rivolte agli ambienti di lavoro, alle realtà associative 
e di base, alle scuole, alle famiglie, anche avvalendosi della 
collaborazione di centri regionali per l’educazione ambientale, di 
enti locali, di associazioni e delle fondazioni ambientaliste, del 
volontariato e dei consumatori, delle istituzioni scolastiche, delle 
associazioni di categoria e delle associazioni imprenditoriali e 
sindacali del settore, tenuto conto del quadro di riferimento 
complessivo dell’organizzazione della gestione dei rifiuti urbani e 
assimilati;
o) la divulgazione dei dati sia con sistemi informativi sia con la 
pubblicazione di elenchi, prospetti, sintesi e relazioni, in 
conformità ai principi di cui al d.lgs. 24 febbraio 1997, n. 39 
(Attuazione della direttiva 90/313/CEE concernente la libertà di 
accesso in materia di ambiente).

72. Spettano alle province:
	
a) la redazione e l’adozione dei piani di ambito, secondo criteri e 
procedure stabilite in specifico atto normativo regionale;
b) l’individuazione, sentiti i comuni, delle zone non idonee alla 
localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti 
urbani ed assimilati, sulla base dei criteri stabiliti dalla Regione, 
e l’individuazione delle zone idonee alla localizzazione degli 
impianti di smaltimento e recupero degli stessi;
c) la definizione delle tariffe di esercizio degli impianti di 
smaltimento e dei corrispettivi a carico dei gestori degli impianti da 
versare a favore degli enti locali interessati;
d) l’esercizio delle funzioni di vigilanza e di controllo;
e) il rilevamento statistico dei dati inerenti alla produzione e alla 
gestione dei rifiuti urbani ed assimilati secondo le modalità 
stabilite dalla Regione.

73. Sono delegate alle province l’approvazione dei progetti e 
l’autorizzazione alla realizzazione ed all’esercizio degli impianti di 
smaltimento e di recupero di rifiuti urbani ed assimilati inseriti nei 
piani d’ambito, nonché degli impianti residuali rispetto a quelli la 
cui istruttoria sia in capo alla Regione.

74.  In materia di rifiuti speciali e pericolosi, definiti nei commi 3 
e 4 dell’art. 7 del d.lgs. 22/1997, come modificato dal d.lgs. 8 
novembre 1997, n. 389 (Modifiche ed integrazioni al d.lgs 5 febbraio 
1997, n. 22 in materia di rifiuti, di rifiuti pericolosi, di 
imballaggi e di imballaggi pericolosi), sono delegate alle province 
l’approvazione del progetto e l’autorizzazione alla realizzazione 
dell’impianto e all’esercizio delle operazioni di smaltimento e 
recupero relative a:
	
a) deposito nel suolo di rifiuti inerti, come individuati dall’art. 2, 
lett. d), del regolamento regionale  9 gennaio 1982, n. 2 (Normativa 
per la realizzazione e la gestione di discariche controllate per lo 
smaltimento dei rifiuti solidi inerti e dei rifiuti solidi urbani) e 
successive integrazioni;
b) deposito temporaneo di rifiuti effettuato, prima della raccolta, 
nel luogo in cui sono prodotti, per il quale non sussistono le 
condizioni previste dall’art. 6, lett. m), del d.lgs. 22/1997, come 
modificato dal d.lgs. 389/1997.

75. Sono d'interesse regionale i lavori pubblici eseguiti nel 
territorio della Regione, fatti salvi quelli dichiarati d’interesse 
nazionale da norme statali.

76. Sono lavori pubblici sussidiati i lavori eseguiti da enti 
pubblici, nonché quelli eseguiti  da soggetti privati, fatta eccezione 
per i lavori di edilizia residenziale pubblica, che beneficiano di 
finanziamento regionale, sotto qualsiasi forma o denominazione,  pari 
o superiore al  50 per cento dell'importo progettuale.

77. I lavori sussidiati eseguiti da soggetti privati, se d'importo 
superiore a 100 mila ECU, devono essere realizzati sulla base di un 
progetto redatto e attuato secondo la normativa vigente in materia di 
opere pubbliche. Per tali progetti la Regione procede all'approvazione 
degli elaborati previo parere degli organi consultivi regionali.

78. La Regione esercita le funzioni relative a:

a) realizzazione e gestione degli interventi inseriti nei programmi 
operativi multiregionali dei quadri comunitari di sostegno con 
cofinanziamento dell'Unione europea e dello Stato italiano;
b) valutazione tecnico-amministrativa e attività consultiva sui 
progetti di lavori pubblici ai sensi dei commi 93, 94, 95 e 96;
c) predisposizione, d’intesa con i soggetti interessati pubblici e 
privati, dei piani di finanziamento al fine di promuovere la 
realizzazione e la manutenzione di edifici di culto;
d) interventi di ripristino, anche di edifici privati,  a seguito di 
eventi bellici o di calamità naturali, con eventuale avvalimento  
degli uffici tecnici delle province;
e) progettazione, affidamento ed esecuzione di lavori pubblici di 
competenza regionale nonché di lavori pubblici di competenza degli 
enti locali, su richiesta dei medesimi.

79. Per i lavori di propria competenza la Regione esercita altresì le 
funzioni concernenti la dichiarazione d'urgenza e indifferibilità dei 
lavori, nonché l'espropriazione per pubblica utilità e l'occupazione 
temporanea delle aree, con le relative attività previste dagli 
articoli 7 e 8 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 (Espropriazioni per 
causa di utilità pubblica).
	
80. Ai fini della realizzazione di opere di competenza 	regionale, 
l’assessore competente in materia di lavori pubblici può convocare una 
conferenza di servizi cui partecipano i rappresentanti delle strutture  
regionali competenti,  nonché  quelli degli enti  interessati; sulla 
base delle risultanze di tale conferenza l'approvazione del progetto 
sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e 
concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, fatte salve 
le procedure relative alla valutazione di impatto ambientale (VIA). 

81. L'approvazione di cui al comma 80 costituisce, ove occorra, 
variante allo strumento urbanistico comunale e comporta la 
dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità dei 
lavori; nel caso in cui il progetto riguardi aree vincolate sotto il 
profilo paesistico, ambientale o storico artistico è preventivamente 
acquisita l’apposita autorizzazione.

82. Sono delegate alle province le funzioni amministrative previste 
dalla l.r. 16 agosto 1982, n. 52 (Norme in materia di opere 
concernenti linee ed impianti elettrici fino a 150.000 volt), relative 
all'istruttoria ed al rilascio delle autorizzazioni per la 
realizzazione di linee e impianti elettrici fino a 150 Kv.

83. Sono delegate ai comuni le funzioni relative a:

a)	ricevimento delle denunce di opere in cemento armato normale e 
precompresso e di strutture metalliche di cui alla legge 5 novembre 
1971,  n. 1086 (Norme per la disciplina delle opere di conglomerato 
cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica);
b) 	approvazione dei progetti relativi all'edilizia di culto.

84. La nomina degli esperti di cui all’art. 1, comma 1, lettere e) ed 
f), della l.r. 28 gennaio 1980,  n. 11 (Norme sul funzionamento delle 
commissioni per la determinazione dei valori agricoli medi e 
dell’indennità di espropriazione o di occupazione) spetta  alla 
provincia.

85. E' istituito presso la direzione generale regionale preposta ai 
lavori pubblici il consiglio regionale dei lavori pubblici.
	
86. Il consiglio  regionale dei lavori pubblici è composto 
dall’assessore regionale competente in materia di lavori pubblici che 
lo presiede, dal direttore generale competente in materia di lavori 
pubblici che nomina il segretario tra i funzionari della propria 
direzione, nonchè da:
	
a) un numero di esperti non superiore a nove per le seguenti materie: 
idraulica, impianti tecnologici, viabilità, ingegneria sanitaria, 
ingegneria edile, chimica e biologica, geologia, strutture, 
architettura e beni culturali e architettonici;
b) due esperti in legislazione sui lavori pubblici;
c) 	un esperto da scegliersi tra tre nominativi indicati  
dall’associazione regionale di categoria degli ingegneri;
d) un esperto da scegliersi tra tre nominativi indicati  
dall’associazione regionale di categoria degli architetti;
e) un esperto da scegliersi tra tre nominativi indicati  
dall’associazione regionale di categoria dei geometri;
f) un esperto designato dall’ANCI Lombardia;
g) un esperto designato dall’UPL;
h) i dirigenti responsabili dei servizi della direzione competente in 
materia di lavori pubblici;
i) 	un dirigente responsabile di servizio competente nelle 
sottospecificate materie, designato dagli assessori competenti: 
territorio e urbanistica, trasporti, ambiente, sanità, istruzione, 
lavoro, assistenza, bilancio, agricoltura.

87. Gli esperti di cui alle lettere a) e b) del comma 86 sono scelti 
dalla Giunta regionale mediante avviso da pubblicare sul BURL.

88. Per gli interventi da realizzare nella provincia di competenza 
partecipano alle sedute  del consiglio regionale dei lavori pubblici, 
di volta in volta e con diritto di voto, i dirigenti degli uffici 
regionali periferici competenti in materia di lavori pubblici. Sono 
invitati a far parte del consiglio regionale dei lavori pubblici,  
quali componenti aggiunti, per le sole materie di competenza e senza 
diritto di voto:

a) il sopraintendente regionale scolastico o suo delegato;
b) i sopraintendenti per i beni ambientali e architettonici in 
Lombardia o loro delegati;
c) il sopraintendente archeologico per la Lombardia o suo delegato.

89. Il consiglio regionale dei lavori pubblici è nominato dalla Giunta 
regionale su proposta dell'assessore competente in materia di lavori 
pubblici. Le attività di supporto sono assicurate dalla direzione 
generale preposta ai lavori pubblici.
 	
90. Il consiglio regionale dei lavori pubblici dura in carica quanto 
la legislatura regionale nel corso della quale è costituito.

91. Sono applicabili ai componenti esterni le cause di esclusione ed 
incompatibilità di cui alla l.r. 6 aprile 1995, n. 14 (Norme per le 
nomine e designazioni di competenza della Regione) e successive 
modificazioni.

92. Con deliberazione della Giunta regionale, da emanarsi entro 
centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, sono 
determinate le modalità operative di organizzazione e funzionamento 
del consiglio regionale dei lavori pubblici.

93. Compete al consiglio regionale dei lavori pubblici esprimere 
pareri obbligatori in merito a:

a) strumenti programmatori predisposti dalle direzioni generali 
riferiti a lavori pubblici di competenza regionale;
b) progetti di lavori pubblici sussidiati di cui al comma 76, di 
qualsiasi natura e di importo pari o superiore a 2,5 milioni di ECU, e 
relative varianti comportanti una maggiore spesa superiore al 5 per 
cento dell’importo contrattuale;
c) progetti di competenza regionale d'importo pari o superiore a 2,5 
milioni di ECU, e relative varianti comportanti una maggiore spesa 
superiore al 5 per cento dell’importo contrattuale;
d) vertenze relative ai lavori pubblici sussidiati sorte con le 
imprese in corso d’opera o in sede di collaudo per maggiori compensi o 
per l’esonero da penalità contrattuali, nonché sulle proposte di 
risoluzione o rescissione di contratti;
e) ogni altro oggetto previsto da disposizioni di legge o 
regolamentari.

94. Il parere di cui al comma 93, lettera c) è  vincolante.

95. Il consiglio regionale dei lavori pubblici esprime inoltre pareri 
facoltativi, nei casi previsti da disposizioni di legge o 
regolamentari, ovvero su richiesta degli uffici regionali interessati; 
svolge altresì funzioni di assistenza e consulenza nei confronti delle 
direzioni generali regionali preposte alla realizzazione di lavori 
pubblici, al fine di assicurare uniformità di procedure ed interventi, 
anche mediante fissazione di appositi standard operativi.

96. Sono assoggettati al parere delle strutture tecniche regionali 
periferiche competenti in materia di  lavori pubblici:

a) i progetti di lavori sussidiati d'importo inferiore a 2,5 milioni 
di ECU, fermi restando i limiti stabiliti dal comma 77 per i lavori 
sussidiati eseguiti da soggetti privati, e relative varianti se 
comportanti una maggiore spesa superiore al 5 per cento dell’importo 
contrattuale;
b) i progetti di competenza regionale d'importo inferiore a 2,5 
milioni di ECU;
c) le  proroghe contrattuali superiori a novanta giorni.
	
97. Il parere di cui al comma 96, lettera b) è vincolante.
98. I pareri di cui ai commi 93 e 96 sono resi rispettivamente entro 
novanta e sessanta giorni dalla data di presentazione della richiesta 
e sono soggetti al  silenzio assenso.

99. Al fine di consentire la continuità dell'attività consultiva 
regionale, la l.r. 20 aprile 1995, n. 24 (Riorganizzazione delle 
competenze e funzioni delle commissione tecnico-amministrativa 
regionale in materia di opere pubbliche) è abrogata a decorrere dalla 
data di insediamento del consiglio regionale dei lavori pubblici.

100. Fermo restando quanto disposto dall’art. 106, commi 2 e 3, del 
d.p.r. 616/1977, nonché dalla l.r. 23 gennaio 1981, n. 9 (Norme sulle 
occupazioni temporanee e d’urgenza e sui relativi atti preparatori dei 
procedimenti di espropriazione per accelerare gli interventi degli 
enti locali) e sempre che non si tratti di lavori di competenza della 
Regione, sono trasferite, per i lavori di rispettiva competenza, ai 
comuni, alle comunità montane, alle province ai consorzi tra comuni o 
tra comuni e province, le funzioni amministrative concernenti:

a) la dichiarazione di pubblica utilità nonché di urgenza ed 
indifferibilità dei lavori;
b) l’occupazione temporanea d’urgenza e le relative attività previste 
dagli articoli 7 e 8 della legge 2359/1865.

101. Sono delegate, per i lavori di rispettiva competenza, ai comuni, 
alle comunità montane, alle province, ai consorzi tra comuni o tra 
comuni e province, le funzioni amministrative regionali concernenti 
l’espropriazione per pubblica utilità di cui al titolo secondo della 
legge 22 ottobre 1971, n. 865, riguardante programmi e coordinamento 
dell’edilizia residenziale pubblica. Sono altresì delegate alle 
comunità montane, per i lavori localizzati nell’ambito territoriale 
delle comunità stesse e, per i restanti lavori, alle province, le 
funzioni amministrative previste dal comma 100, lettere a) e b), 
preordinate alla realizzazione di lavori o interventi di pubblica 
utilità realizzati da altri enti pubblici o da soggetti privati.

102. L’inizio dei lavori pubblici d'interesse regionale è subordinato, 
in ogni caso, alla disponibilità dell’area da parte del soggetto 
attuatore.

103. Gli enti di cui al comma 101 trasmettono alla direzione generale 
regionale preposta ai lavori pubblici, entro trenta giorni 
dall’emanazione, copia dei provvedimenti di esercizio della funzione 
delegata.

104. La Regione, nel caso di immotivata inerzia o ritardo degli enti 
locali delegati ad assumere  provvedimenti ai sensi dei commi da 101 a 
107, assegna un congruo termine all'ente inadempiente; decorso 
inutilmente tale termine, la Giunta regionale nomina un commissario ad 
acta che provvede in via sostitutiva.

105. La direzione generale preposta ai lavori pubblici può svolgere 
attività di assistenza e consulenza a favore degli enti o dei soggetti 
delegati.
	
106. Per i lavori pubblici finanziati dalla Regione, il Presidente 
della Giunta regionale può richiedere all'ente competente notizie, 
chiarimenti e documentazione sull'espletamento delle procedure di 
affidamento e sull'esecuzione dei relativi contratti. Nel caso 
emergano, sulla base degli elementi acquisiti, indizi di inefficienze, 
ritardi, disservizi, il Presidente della Giunta regionale o 
l'assessore competente, se delegato, nomina uno o più  ispettori 
individuati tra i dipendenti di categoria non inferiore alla D3 e 
dotati di particolare qualificazione professionale, tecnica e 
amministrativa con specifico riguardo ai lavori  considerati, con il 
compito di verificare la correttezza delle procedure, di acquisire 
ogni utile notizia anche sulle imprese partecipanti alle procedure o 
aggiudicatarie o comunque partecipanti all'esecuzione degli appalti o 
delle concessioni, nonché di riferire al Presidente stesso, entro il 
termine assegnato, con apposita relazione.

107. Le disposizioni di cui al comma 106 si applicano altresì ai 
lavori di competenza regionale; in tal caso la richiesta è rivolta dal 
Presidente della Giunta regionale al direttore generale competente.

108. La Regione, in materia di risorse idriche e difesa del suolo, 
esercita le funzioni ad essa attribuite dalle leggi dello Stato che 
richiedono l'unitario esercizio a livello regionale, in  attuazione in 
particolare della legge 18 maggio 1989, n. 183  (Norme per il 
riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo), della 
legge 5 gennaio 1994, n. 36  (Disposizioni in materia di risorse 
idriche), della l.r. 20 ottobre 1998, n. 21 (Organizzazione del 
servizio idrico integrato e individuazione degli ATO in attuazione 
della legge 5 gennaio 1994, n. 36 ‘Disposizioni in materia di risorse 
idriche’) e della l.r. 10 dicembre 1998, n. 34 (Disposizioni in 
materia di tasse sulle concessioni regionali, di tasse 
automobilistiche regionali, di imposta regionale sui beni del demanio 
e del patrimonio indisponibile delle Stato, di canoni di concessione 
per derivazione di acque pubbliche, nonché il riordino delle sanzioni 
amministrative tributarie non penali in materia di tributi regionali). 
Ferme restando le attribuzioni riservate all’autorità di bacino, in 
collaborazione con le stesse, sono di competenza regionale le seguenti 
funzioni: 

a) pianificazione e programmazione, garantendo adeguate modalità di 
partecipazione degli enti locali;
b) fissazione di criteri, indirizzi e procedure per lo sfruttamento 
delle acque pubbliche e per la delimitazione e tutela delle aree di 
salvaguardia del patrimonio idrico finalizzati a 
garantire l'integrità ecologica e funzionale delle acque superficiali 
o sotterranee e a favorire gli usi sostenibili delle risorse in 
aderenza alle previsioni dei piani di bacino idrografico;
c) definizione dei canoni;
d) emanazione di direttive e individuazione delle zone sismiche, 
formazione e aggiornamento degli elenchi delle medesime;
e) progettazione, realizzazione e gestione delle opere idrauliche e di 
difesa del suolo, con esclusione di quelle indicate al comma 110. La 
Regione realizza le opere idrauliche e la manutenzione del territorio 
anche avvalendosi dei comuni e delle comunità montane; 
f) realizzazione di intese sulle concessioni di grandi derivazioni 
idroelettriche e rilascio, acquisito il parere delle province e dei 
comuni,  in coerenza con  le direttive regionali in materia e con il 
piano degli usi delle acque previsto dalla l.r. 21/98, delle ulteriori 
concessioni di grande derivazioni avvalendosi degli uffici tecnici 
delle province;
g) 	rilascio delle concessioni relative agli usi del demanio idrico, 
con esclusione delle concessioni di cui all’art. 6 della l.r. 29 
ottobre 1998 n. 22 (Riforma del trasporto pubblico locale in 
Lombardia), salva per queste ultime la competenza regionale al 
rilascio dell’autorizzazione idraulica, ove necessaria;
h) emanazione dei provvedimenti relativi all'estrazione del materiale 
litoide dai corsi d'acqua;
i) individuazione delle acque che costituiscono il reticolo idrico 
principale sul quale la Regione stessa  esercita le funzioni di 
polizia idraulica;
j) autorizzazioni alla costruzione delle dighe di competenza regionale 
e vigilanza sull'esercizio delle stesse;
k) realizzazione di opere di pronto intervento sui corsi d’acqua 
costituenti il reticolo idrico principale;
l) svolgimento del servizio di piena;
m) monitoraggio idrologico ed idraulico, compreso quello già 
esercitato dagli uffici periferici del dipartimento dei servizi 
tecnici nazionali presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
n) concessioni di contributi agli enti locali per le opere da questi 
realizzate nelle materie di cui al presente comma e ai commi da l07 a 
114;
o) 	nomina dei regolatori per il riparto delle disponibilità idriche 
qualora tra più utenti debba farsi luogo al riparto delle 
disponibilità idriche di un corso d'acqua sulla base dei singoli 
diritti e concessioni ai sensi dell'art. 43, comma 3, del testo unico 
approvato con r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle 
disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici).

109.  La Regione attua il monitoraggio degli usi delle acque pubbliche 
promuovendo, in collaborazione con le province, l'organizzazione dei 
dati e la conoscenza sulla disponibilità delle risorse, sulle 
caratteristiche qualitative delle falde e delle acque superficiali, 
sugli usi in atto delle risorse.  

110.  Sono trasferite alle province, ai comuni e alle comunità montane 
le funzioni concernenti la progettazione, l'esecuzione e la gestione 
di opere di difesa del suolo relative alle aree,  ai manufatti e alle 
infrastrutture di proprietà dei singoli enti, ivi comprese le opere di 
pronto intervento, di monitoraggio e di prevenzione.

111.  Sono delegate alle province le seguenti funzioni:

a) rilascio di autorizzazioni allo scavo dei pozzi e agli attingimenti 
di cui al t.u. approvato con r.d. 1775/1933;
b) 	rilascio di concessioni relative alle piccole derivazioni di cui 
al t.u. approvato con r.d. 1775/1933;
c) delimitazione delle aree di rispetto delle captazioni potabili;
d) polizia delle acque relative alle funzioni di cui alle lettere a), 
b)  e  c);
e) controllo sulle costruzioni nelle zone sismiche.

112. Sono altresì delegate alle province le funzioni di cui alla 
deliberazione della Giunta regionale del 22 marzo 1996, n. VI/10650, 
adottata in attuazione della l.r. 24 maggio 1985, n. 46 (Snellimento 
delle procedure per la vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche 
regionali), relative alla commissione di vigilanza sulle costruzioni 
in zona sismica.

113. Le funzioni di presidente della commissione di cui al comma 112 
sono svolte da un dirigente tecnico della provincia che designa 
direttamente il segretario.

114. Ai comuni sono trasferite le funzioni relative all’adozione dei 
provvedimenti di polizia idraulica concernenti il reticolo idrico 
minore, previa individuazione dello stesso da parte della Giunta 
regionale.      

115. La Regione Lombardia, in materia di viabilità, svolge le funzioni 
e i compiti non trasferiti o delegati agli enti locali ai sensi dei 
commi 118, 119, 120 e 121; in particolare la Regione:

a) esercita le funzioni di programmazione e coordinamento della rete 
viaria di interesse regionale non compresa nella rete autostradale e 
stradale nazionale;
b) approva, in coerenza con il piano regionale della  mobilità e dei 
trasporti, il programma triennale di intervento sulla rete viaria da 
definirsi in base alle priorità regionali e provinciali, alle 
fattibilità e alle risorse finanziarie disponibili;
c) provvede alla classificazione funzionale della rete stradale di 
interesse regionale e alla promozione di accordi di programma con le 
province, al fine di garantire l'efficienza della rete stessa e 
caratteristiche adeguate alle previsioni di traffico.

116.   Relativamente alle nuove tratte autostradali interamente 
comprese nel territorio regionale e non rientranti nella rete 
autostradale e stradale nazionale la Regione provvede a:
     
a) individuare e approvare le concessioni di costruzione e di 
esercizio;
b) determinare le modalità operative per la predisposizione e 
l’approvazione dei piani finanziari delle società concessionarie;
c) determinare e adeguare le tariffe di pedaggio;
d) progettare, eseguire, assicurare la manutenzione e gestire le 
autostrade regionali mediante concessione;
e) controllare le società concessionarie di tratte autostradali 
regionali relativamente al rispetto delle convenzioni di costruzione e 
di esercizio;
f) determinare annualmente le tariffe relative alle licenze, alle 
concessioni ed alla esposizione della pubblicità.

117. Le funzioni di cui al comma 115, lettera a), e al comma 116, 
lettere a) e b), sono esercitate dal Consiglio regionale; le funzioni 
di cui al comma 115,  lettere  b) e c), e al comma 116, lettere c), 
d), e) ed f),  sono esercitate  dalla Giunta regionale.

118. Le strade già appartenenti al demanio statale di cui all'art. 822 
del codice civile e non comprese nella rete autostradale e stradale 
nazionale sono trasferite al demanio delle province territorialmente 
competenti.

119. Sono trasferite alle province le seguenti funzioni:

a) progettazione, costruzione, manutenzione, gestione delle strade di 
cui al comma 115 e  relativa vigilanza;
b) classificazione e declassificazione amministrativa delle strade 
provinciali;
c) rilascio delle autorizzazioni alla circolazione dei trasporti e dei 
veicoli in condizioni di eccezionalità di cui all’art. 2 della l.r. 29 
aprile 1995, n. 34 (Disciplina delle autorizzazioni alla circolazione 
dei trasporti e dei veicoli in condizioni di eccezionalità), con 
modalità operative da emanare, di concerto con la Regione, entro 
centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge;
d) determinazione dei criteri per la fissazione e la riscossione delle 
tariffe relative alle licenze, alle concessioni e all’esposizione 
della pubblicità lungo le strade trasferite al demanio delle province.

120. Le risorse trasferite dallo Stato alla Regione relative alla 
manutenzione, gestione e vigilanza delle strade di cui al comma 115 
sono trasferite direttamente alle province; quelle relative alla 
progettazione e alla costruzione sono trasferite alle province in 
coerenza con il programma triennale di intervento di cui al comma 115,  
lettera b).

121. Sono trasferiti ai comuni:

a) le funzioni e i compiti relativi al rilascio delle autorizzazioni 
di cui all’art. 3 della l.r. 34/1995,  nel caso in cui queste ultime 
interessino la rete viaria inclusa nel territorio di un solo comune;
b) le funzioni e i compiti relativi alla classificazione  e 
declassificazione amministrativa delle strade comunali e vicinali.

122. Ai fini della consultazione sulle principali iniziative di 
rilevanza regionale riguardo alla rete stradale, la Regione si avvale 
della consulta della mobilità e dei trasporti di cui all’art. 8, comma 
2, della l.r. 22/1998.

123. Il comma 3 dell'art. 8 della l.r.  22/1998,  è così sostituito:

"3.	La consulta di cui al comma 2 è composta da:
a) assessore regionale competente in materia di trasporti e viabilità 
o suo delegato;
b) assessori provinciali competenti in materia di trasporti e/o 
viabilità;
c) presidenti dell’Unione province lombarde (UPL), dell’Associazione 
regionale comuni lombardi (ANCI Lombardia) e della delegazione 
regionale dell’Unione nazionale comuni comunità  ed enti montani 
(UNCEM);
d) presidente dell’unione delle camere di commercio, industria, 
artigianato e agricoltura della Lombardia;
e) un rappresentante di ciascuna delle associazioni datoriali di 
categoria maggiormente rappresentative in ambito regionale;
f) un rappresentante di ciascuna delle organizzazioni sindacali 
maggiormente rappresentative a livello regionale;
g) un rappresentante dell’Ente nazionale per le strade (ANAS);
h) un rappresentante delle società autostradali aventi concessioni in 
atto sul territorio regionale; 
i) i rappresentanti delle aziende ferroviarie operanti nel territorio 
della Regione;
j) due rappresentanti delle associazioni dei consumatori maggiormente 
rappresentative in ambito regionale”.

124. Sono delegate alle province le funzioni e i compiti 
amministrativi concernenti l’estimo navale, la vigilanza sulla 
costruzione e la messa in sicurezza delle unità di navigazione.
	
125. Sono trasferite ai comuni le funzioni amministrative in materia 
di rilascio di concessioni per l’installazione e l’esercizio di 
impianti lungo le autostrade e i raccordi autostradali di cui all’art. 
105, comma 2, lett. f), del d.lgs. 112/1998.
	
126. Sono soppresse le funzioni amministrative, finora svolte dalla 
Regione, concernenti la nomina dei consigli di disciplina delle 
aziende di trasporto pubblico locale.

127. La Regione provvede alla programmazione, regolazione e gestione 
dei servizi per il trasporto di persone e cose sui laghi con le 
modalità di cui ai commi dal 128 a 134.

128. La Regione opera nel rispetto e in attuazione degli impegni dello 
Stato conseguenti a rapporti internazionali riguardanti la navigazione 
sui laghi attraversati da confini internazionali, garantendo, ove 
necessario, la partecipazione di rappresentanti del Ministero dei 
Trasporti e della Navigazione.

129. La Giunta regionale, d’intesa con la regioni Piemonte, Veneto e 
con la Provincia autonoma di Trento, promuove la costituzione di un 
comitato interregionale composto dai presidenti delle regioni stesse e 
della provincia, o loro delegati.

130. Il comitato di cui al comma 129 esplica le seguenti funzioni:

a) cura la procedura di trasferimento alle regioni della Gestione 
governativa laghi di cui all’art. 11 del d.lgs. 19 dicembre 1997, n. 
422 (Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e 
compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell’art.4, 
comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59) ed esplica tutti gli atti 
per l’attribuzione delle relative risorse finanziarie da parte dello 
Stato con le procedure disciplinate dall’art. 7, comma 1, della legge 
59/1997 e dall’art. 12 d. lgs. 422/1997.
b) fissa gli indirizzi per l’attuazione del piano di risanamento 
tecnico economico di cui all’art. 11 del d.lgs. 422/1997;
c) provvede, nelle more del riassetto organizzativo, alla 
amministrazione dei servizi di trasporto lacuale, emanando le 
direttive per l’amministrazione del patrimonio e per la redazione del 
piano di impresa;
d) nomina, nelle more del riassetto organizzativo e comunque sino 
all’effettivo trasferimento della Gestione governativa laghi alle 
regioni, una struttura tecnica costituita da dirigenti o funzionari 
regionali per l’esercizio delle proprie funzioni;
e) stipula il contratto di programma per il piano degli investimenti 
ed il parco natanti, nonché i contratti di servizio per l’espletamento 
dei servizi minimi di trasporto pubblico;
f) elabora gli indirizzi per l’eventuale costituzione di società per 
la gestione dei servizi pubblici di navigazione.

131. Le decisioni del comitato interregionale sono assunte 
all’unanimità dei componenti e vengono approvate con deliberazioni 
conformi della Giunta regionale quando comportano impegni di spesa.

132. La Giunta regionale, anche su indicazione degli enti locali 
interessati e sulla base degli indirizzi del comitato di cui al comma 
129, è autorizzata a promuovere, insieme ad altri enti pubblici 
interessati, la costituzione di società per azioni aventi ad oggetto 
il compito di provvedere alla gestione dei servizi di trasporto 
lacuale compresi i servizi già resi dalla Gestione governativa di cui 
all’art. 11 del d. lgs. 422/1997.

133. Le misure di partecipazione, l’atto costitutivo, lo statuto ed 
ogni altro atto connesso alla costituzione della società di cui al 
comma 132 sono approvati dalla Giunta regionale, sentita la 
commissione consiliare competente.

134. I servizi di navigazione lacuali possono essere gestiti dalle 
società di cui al comma 132 oppure da società terze, a seguito 
dell’espletamento di procedure concorsuali.

135. Alla l.r. 22/1998, sono apportate le seguenti modifiche:

a)	all’art. 3, comma 2, lettera a), è soppressa la frase “nonché 
alle comunità montane per l’esercizio dei servizi di cui all’art. 5, 
comma 1, lettera c)”;

b)	all’art. 3, comma 2, dopo la lettera b) è aggiunta la seguente 
lettera b bis):

“b bis) assegna ed eroga ai comuni e alle province le risorse 
finanziarie per l’esercizio dei servizi di cui all’art. 5, comma 1 
bis);”;

c)	all’art. 4, comma 1, dopo le parole “provvedimenti attuativi” 
sono aggiunte le seguenti parole “nonché le funzioni già delegate ai 
sensi della l.r. 6 gennaio1979, n. 3”;

d)	all’art. 4, comma 2, lettera k), le parole “agli impianti a fune 
di ogni tipo collocati sul territorio di due o più comuni e che non 
insistano nel territorio di una comunità montana” sono sostituite 
dalle parole: “agli impianti a fune e relative infrastrutture di 
interscambio di cui all’art. 5, comma 1 bis, lettera b);”;

e)	all’art. 4, comma 3, dopo la lettera e) è aggiunta la seguente 
lettera e bis):

“e bis) l’autorizzazione di apertura delle scuole nautiche;”;

f)	all’art. 5, comma 1, sono soppresse le parole “in materia di 
trasporto pubblico”;

g)	la lettera c) del comma 1 dell’art. 5 è abrogata;

h)	all’art. 5, dopo il comma 1, è aggiunto il seguente comma 1 bis):

“1 bis	Le funzioni amministrative relative agli impianti a fune di 
cui all’art. 5 della l.r. 19/1989, come sostituito dall’art. 30, ivi 
compresa l’erogazione dei finanziamenti per assicurare lo svolgimento 
dei servizi di trasporto pubblico locale, sono trasferite:
a) al comune nel caso in cui l’impianto operi nel territorio comunale 
o nell’area urbana;
b) alla provincia qualora l’impianto operi in ambito interurbano.”.

i)	all’art. 6, comma 1, dopo la parola “comuni” sono aggiunte le 
seguenti “anche in forma associata, mediante il ricorso alle forme 
organizzative previste dalla legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento 
delle autonomie locali),”;

j)	all’art. 6, comma 1, la lettera f), n. 4 e la lettera g) sono 
sostituite dalle seguenti:

“f)	4) 	gli impianti a fune e relative infrastrutture di cui 
all’art. 5, comma 1 bis, lettera a);
g)	l’erogazione di finanziamenti atti ad assicurare i servizi 
funiviari o funicolari di trasporto pubblico locale espletati con gli 
impianti di cui all’art. 5, comma 1, della l.r. 19/1989, come 
sostituito dall’art. 30 operanti nel territorio comunale o in area 
urbana.”;

k)	la lettera h), del comma 1 dell’art. 6 è abrogata;

l)	all’art. 6, comma 2, la lettera b) è così sostituita:

“b)	delle concessioni per l’utilizzo del demanio lacuale per finalità 
turistico-ricreative di cui all’art. 59 del d.p.r. n. 616/77, 
successivamente alla stipula di apposita convenzione con le competenti 
amministrazioni statali, nonché delle concessioni per l’utilizzo delle 
aree demaniali lacuali di cui all’art. 89, comma 1, lettera e) del d. 
lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti 
amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in 
attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), all’avvenuta 
emanazione del d.p.c.m. ex art. 7, comma 1, del d.lgs. 112/1998.”;

m)	all’art. 9, il comma 3 è sostituito dal seguente:

“3.	La proposta di piano ovvero di singola sezione funzionale viene 
adottata con deliberazione della Giunta; sulla medesima proposta la 
Giunta regionale acquisisce il parere degli enti locali, delle 
organizzazioni sindacali ed economiche maggiormente rappresentative a 
livello regionale e delle diverse realtà sociali e culturali, al fine 
di procedere ad un esame congiunto dello schema di piano.”;

n)	all’art. 11, il comma 3 è sostituito dal seguente:

“3.	I proventi delle concessioni di cui all’art. 6, comma 2, lettere 
a) e c) sono destinati nella misura del cinquanta per cento ai comuni 
a titolo di corrispettivo per l’esercizio delle attività 
amministrative inerenti le concessioni demaniali. Nel caso di 
partecipazione a gestioni associate a livello di bacino lacuale tale 
percentuale può essere elevata dalla Giunta regionale sino ad un 
massimo del sessanta per cento. La percentuale rimanente è destinata 
al finanziamento degli interventi di incremento e miglioramento 
individuati nel programma di cui al comma 1.”;

o)	il comma 1 dell’art. 24 è abrogato;

p)	all’art. 25, dopo il comma 7, è aggiunto il seguente comma 7 
bis):

“7 bis	.	La Giunta regionale definisce le modalità 
tecnico-operative per la gestione del servizio radio taxi, di cui al 
precedente comma 7, previo rilascio di apposita concessione, da 
affidarsi mediante procedure concorsuali in base alla normativa 
nazionale e regionale vigente.”;

q)	all’art. 30, comma 3, le parole “al 31 dicembre 1999” sono 
sostituite dalle parole “al 31 dicembre 2000”;

r)	all’art. 30, comma 4, le parole “entro il 1999” sono sostituite 
dalle parole “entro il 2000”;

s)	la lettera g) del comma 2 dell’art. 31 è abrogata.

136. La Regione coordina l’organizzazione e cura l'esecuzione delle 
attività di protezione civile in materia di:

a) previsione e prevenzione dei rischi, secondo quanto previsto dal 
programma regionale di previsione e prevenzione;
b) partecipazione al soccorso, per l’attuazione degli interventi 
urgenti di cui all’art. 108, comma 1, lettera a), n. 2), del d.lgs. 
112/1998;
c) superamento dell'emergenza, secondo quanto previsto dalla vigente 
normativa regionale in materia di pubbliche calamità.
	  
137. La Regione, nell'ambito delle attività di cui al comma 136 e in 
conformità a quanto disposto dagli articoli 107 e 108 del d.lgs. 
112/1998,  cura in particolare:

a) l’organizzazione del sistema regionale di protezione civile, inteso 
come coordinamento delle strutture tecniche dell’amministrazione 
regionale, di enti e amministrazioni, anche diverse da quella 
regionale, se con essa convenzionate, per l’attuazione degli 
interventi urgenti di cui all’art. 108, comma 1, lettera a), n. 2), 
del d.lgs. 112/1998;
b) la realizzazione di sistemi di monitoraggio per la rilevazione e il 
controllo dei fenomeni naturali o connessi con l’attività dell’uomo, 
il convenzionamento per la loro utilizzazione, nonché il coordinamento 
di quelli esistenti e programmati;
c) le attività di studio, censimento e  identificazione dei rischi sul 
territorio regionale;
d) la realizzazione di mappe di pericolosità, vulnerabilità e  
rischio, su scala regionale e sub-regionale, d’intesa con le autorità 
di bacino, con l’indicazione delle linee-guida per la redazione, in 
ambito provinciale, di piani di intervento mirati;
e) l'individuazione, sentito il parere della provincia, di interventi 
idonei a tutelare   territorio  e popolazioni  dai  pericoli  di  
danni  da eventi calamitosi e dall'esercizio di attività  industriali 
o di altre  attività ad alto rischio;
f) la formazione di una moderna coscienza di protezione civile 
attraverso l'istituzione di corsi di istruzione, momenti di 
autoeducazione ed altre misure finalizzate alla  diffusione di 
informazioni fra  la  popolazione,  nonché alla creazione di capacità  
di autoprotezione a livello  di comunità locali;
g) la realizzazione di corsi di formazione professionale per il 
personale adibito ad attività di protezione civile di competenza 
regionale e di aggiornamento professionale per i tecnici  che,  per  
compiti  di  istituto o per libera professione,  operano nel  
territorio regionale in  campi  di rilevante interesse per la 
protezione civile;
h) l’informazione e la realizzazione di corsi di formazione e 
aggiornamento professionale per il personale delle organizzazioni di 
volontariato di protezione civile;
i) la definizione di indirizzi e princìpi direttivi in materia di 
protezione civile a cui devono	attenersi gli enti locali, con 
particolare riferimento agli eventi di cui all’art. 2, lettera b), 
della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del Servizio 
nazionale della protezione civile).

138. In materia di previsione le varie strutture organizzative 
regionali attivano, nell'ambito delle proprie competenze, sistemi 
tecnici di monitoraggio, rilevamento e mappatura di dati territoriali 
di rischio.  Gli enti pubblici o le aziende private, che a qualsiasi 
titolo detengono sul territorio regionale sistemi di rilevamento o 
monitoraggio dei rischi, sono tenuti a stabilire entro sei mesi 
dall'entrata in vigore della presente legge un collegamento continuo e 
diretto per la lettura dei dati nella sala operativa della struttura 
regionale di protezione civile, assicurando la segnalazione 
dell'approssimarsi e del superamento delle soglie di rischio.  I 
relativi oneri sono a carico della  Regione.
	   
139. La Regione predispone e attua il programma di previsione e 
prevenzione delle principali ipotesi di rischio, alla luce di quanto 
previsto dall’art. 108, comma 1, lettera a), n. 1), del d.lgs. 
112/1998, dai piani di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183 
(Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del 
suolo), e in armonia con gli altri strumenti della pianificazione e 
programmazione territoriale regionale.

140. La Giunta regionale, sentita la competente commissione 
consiliare, adotta il programma di previsione e prevenzione. Il 
programma ha validità triennale ed è aggiornato annualmente, sentito 
il comitato tecnico-scientifico di cui all’art. 21, comma 4, della 
l.r. 12 maggio 1990, n. 54 (Organizzazione ed interventi di competenza 
regionale in materia di protezione civile).
 
141. In sede di prima applicazione il programma di previsione e 
prevenzione, elaborato dal gruppo di lavoro costituito nell’ambito del 
programma regionale di sviluppo, è adottato dalla Giunta regionale, 
sentita la competente commissione consiliare, e ha validità triennale.

142. La Giunta regionale, sentita la competente commissione 
consiliare, adotta entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della 
presente legge le direttive per la pianificazione di emergenza degli 
enti locali.

143. La Regione può stipulare convenzioni con il Corpo nazionale dei 
vigili del fuoco, nonché con aziende e associazioni pubbliche e 
private, per assicurare la pronta disponibilità di particolari 
attrezzature, veicoli, macchinari e personale specializzato, da 
utilizzare nelle fasi operative di intervento a supporto della 
struttura regionale di protezione civile o da destinare ai centri 
polifunzionali di emergenza di cui all’art. 21, comma 1, della l.r. 
54/1990.
	  
144. La Regione, su richiesta e previa intesa con i competenti organi 
dello Stato e delle regioni interessate, può partecipare alle 
iniziative di protezione civile nel territorio di altre regioni o di 
altri Stati, coordinando il proprio intervento con quello dei predetti 
organi.

145. La Regione può stipulare accordi con altre regioni, in 
particolare con quelle confinanti, ai fini dell'espletamento di 
attività di comune interesse attinenti alla previsione, prevenzione ed 
emergenza in materia di protezione civile.

146. In caso di persistente impossibilità operativa conseguente 
all'evento calamitoso, o in caso di inerzia o violazione della legge o 
delle direttive regionali, la Giunta regionale, nel rispetto di quanto 
previsto dall’art. 3, comma 7, della legge 142/1990, invita l’ente a 
provvedere entro un termine prefissato; decorso tale termine, la 
Giunta nomina un commissario ad acta con l’incarico di svolgere gli 
adempimenti per i quali si è determinata l’inattività. 

147. In caso di eventi calamitosi di livello regionale in atto, il 
Presidente della Giunta regionale, o l’assessore delegato, decreta lo 
stato di crisi, al fine di attivare tutte le componenti 
dell’amministrazione regionale utili per interventi di protezione 
civile, nonché ogni altra iniziativa ritenuta necessaria.

148. Al verificarsi dell'evento calamitoso, sulla base delle 
segnalazioni pervenute atte ad accertare la gravità dell'evento e 
l'estensione dei territori colpiti, il Presidente della Giunta 
regionale o l'assessore delegato:
	   
a) qualora ravvisi che ricorrono le condizioni per richiedere 
interventi straordinari da parte dello Stato, assume le iniziative 
intese a promuovere la dichiarazione formale dello stato di emergenza, 
per il territorio interessato all'evento calamitoso, in conformità a 
quanto disposto dall’art. 107, comma 1, lettera b), del d.lgs. 
112/1998;
b) qualora non si tratti di evento catastrofico che richieda 
interventi da parte dello Stato, con proprio decreto, dichiara lo 
stato di eccezionale calamità o avversità atmosferica, in conformità 
all’art. 108, comma 1, del d.lgs. 112/1998, delimitando il territorio 
interessato dall'evento calamitoso, anche ai fini dell’eventuale 
assegnazione di fondi a rifusione dei danni o per il sostegno delle 
attività economiche danneggiate.

149. Nei casi di cui ai commi 147 e 148, il Presidente della Giunta 
regionale, o l’assessore delegato, attribuisce al dirigente della 
struttura regionale di protezione civile, limitatamente alla durata 
dello stato di crisi, la direzione del personale degli altri servizi e 
strutture regionali, posti temporaneamente alle sue dirette 
dipendenze. In tal caso detto dirigente è sovraordinato al personale 
addetto alle strutture organizzative regionali a disposizione.

150. Il Presidente della Giunta regionale, o l’assessore delegato, 
decreta la fine dello stato di crisi, dandone comunicazione agli enti 
interessati alla rilevazione dei danni e, nel caso di eventi per i 
quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza nazionale ai sensi 
del comma 148, lettera a), si raccorda con gli organi dello Stato 
competenti all’emanazione delle ordinanze per l’attuazione di 
interventi urgenti di superamento dell’emergenza, secondo quanto 
previsto dall’art. 107, comma 1, lettera c), del d.lgs. 112/1998.

151. Le province, sulla base delle competenze ad esse attribuite in 
particolare dagli articoli 14 e 15 della legge 142/1990 e dalla legge 
225/1992, partecipano all'organizzazione ed all'attuazione del 
servizio nazionale della protezione civile assicurando lo svolgimento 
dei compiti relativi:

a) alla realizzazione, al coordinamento e alla gestione dei sistemi di 
monitoraggio dei rischi sul proprio territorio, in conformità al comma 
138;
b) alla predisposizione del programma provinciale di previsione e 
prevenzione dei rischi e alla sua attuazione, in conformità alle 
direttive regionali annesse al programma di cui al comma 139;
c) allo svolgimento, in ambito provinciale, delle attività di 
previsione e prevenzione dei rischi, stabilite dai programmi e piani 
regionali, con l’adozione dei connessi provvedimenti amministrativi;
d) alla predisposizione del piano provinciale di emergenza sulla base 
delle direttive regionali di cui al comma 142;
e) alla vigilanza sulla predisposizione da parte delle strutture 
provinciali di protezione civile, dei servizi urgenti, anche di natura 
tecnica, da attivare in caso di eventi calamitosi di livello locale o 
provinciale.

152. I piani e i programmi di cui alle lettere b) e d) del comma 151 
sono approvati dalla provincia. Il programma ha validità triennale ed 
è comunque aggiornato ogni qualvolta si renda necessario.
	  
153. La provincia, per la predisposizione del piano di emergenza di 
cui al comma 151, lettera d), tiene conto dei piani di emergenza 
locali ed ha altresì il compito di coordinare i comuni nelle loro 
attività di previsione, di prevenzione e di redazione dei piani di 
emergenza.
	  
154. La provincia, nell’esercizio dei compiti assegnati di cui al 
comma 151, lettera e), si attiene alle linee guida indicate nelle 
direttive regionali annesse al programma di cui al comma 142. Qualora 
nell’attività di vigilanza la provincia rilevi difformità od 
inadempienze ne dà comunicazione alla Regione per gli eventuali 
provvedimenti sostitutivi di competenza.
	  
155. In conformità alla legge 225/1992, i comuni, anche sulla base 
delle competenze ad essi attribuite in particolare dagli articoli 14 e 
15 della legge 142/990, partecipano all'organizzazione ed 
all'attuazione del servizio nazionale della protezione civile 
assicurando lo svolgimento dei compiti riguardanti la partecipazione 
alle operazioni di soccorso e di gestione della post-emergenza, la 
rilevazione, la raccolta e la elaborazione dei dati interessanti la 
protezione civile, le attività di previsione e prevenzione, la 
predisposizione dei piani comunali di emergenza.   

156. Per le finalità di cui al comma 155, i comuni:

a) si dotano, anche attraverso accordi o convenzioni  fra comuni, di 
una struttura di protezione civile per fronteggiare gli eventi di 
livello comunale e per assicurare la necessaria collaborazione alle 
operazioni di soccorso coordinate dal sindaco o dalla Regione, ovvero 
promuovono la formazione di un gruppo comunale di volontari di 
protezione civile con le medesime finalità;
b) curano la predisposizione dei piani comunali o intercomunali di 
emergenza, anche nelle forme associative e di cooperazione previste 
dalla legge 142/1990 e, in ambito montano, tramite le comunità 
montane, e altresì la loro attuazione, sulla base delle direttive 
regionali di cui al comma 142;
c) curano l’attivazione dei primi soccorsi alla popolazione e degli 
interventi urgenti necessari a fronteggiare l’emergenza nonché la 
vigilanza sull’attuazione, da parte delle strutture locali di 
protezione civile, dei servizi urgenti;
d) dispongono l’utilizzo delle organizzazioni di volontariato di 
protezione civile a livello comunale e intercomunale, sulla base degli 
indirizzi nazionali e delle direttive regionali di cui al comma 142;
e) curano la raccolta dei dati e l'istruttoria delle richieste di 
risarcimento per i danni occorsi sul proprio territorio alle 
infrastrutture pubbliche, a beni privati mobili ed immobili, a 
insediamenti agricoli, artigianali, commerciali, industriali e di 
servizio;
f) provvedono, in ambito comunale, alle attività di previsione e agli 
interventi di prevenzione dei rischi, contemplati dai programmi e 
piani regionali e provinciali.

157. Al verificarsi di una situazione di emergenza nell'ambito del 
territorio comunale, il sindaco assume la direzione e il coordinamento 
dei servizi di soccorso e di assistenza alle popolazioni colpite e 
provvede agli interventi necessari, anche avvalendosi delle 
organizzazioni di volontariato operanti a livello comunale o 
intercomunale, dandone immediata comunicazione alla Regione.

158. L’attività di volontariato di protezione civile può essere 
svolta:
	  
a) da singoli cittadini attraverso la partecipazione all’attività dei 
gruppi comunali, istituiti presso il comune di residenza;
b) dalle associazioni di volontariato costituite ai sensi del d.p.r. 
21 settembre 1994, n. 613 (Regolamento recante norme concernenti la 
partecipazione delle associazioni di volontariato nelle attività d 
protezione civile) e della l.r. 24 luglio 1993, n. 22 (Legge regionale 
sul volontariato);
c) dai gruppi comunali o intercomunali, istituiti con propria 
deliberazione dal comune, dalla comunità montana, dal parco o dal 
consorzio fra comuni.

159. La Regione può concorrere, con il proprio contributo, alle 
iniziative intraprese dalle organizzazioni di volontariato per la 
prevenzione dei fenomeni calamitosi e per la tutela delle popolazioni, 
nonché a quelle di formazione ed informazione nei confronti del 
volontariato ovvero ad altre attività promosse dalle organizzazioni di 
volontariato. Il contributo regionale può essere esteso alle 
assicurazioni per responsabilità civile o per infortuni che le 
organizzazioni di volontariato devono stipulare per la loro attività, 
nonché alle spese per controlli sanitari periodici e per quelli 
obbligatori ai sensi del d.lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (Attuazione 
delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 
90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE riguardanti il 
miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo 
di lavoro) e successive modificazioni e integrazioni.

160. Nell’assegnazione di contributi a qualsiasi titolo alle 
organizzazioni di volontariato è data priorità alle iniziative gestite 
in collaborazione tra più associazioni o gruppi comunali o 
intercomunali di volontari di protezione civile e comunque alle 
iniziative promosse da coordinamenti provinciali di associazioni o 
gruppi comunali o intercomunali. 

161. La Regione definisce e controlla i criteri e i contenuti delle 
iniziative di formazione e addestramento del volontariato onde 
assicurare la correttezza delle nozioni impartite e il livello di 
addestramento, nonché la coerenza con le leggi e le direttive 
nazionali e regionali.

162. L'attivazione delle risorse del volontariato è regolamentata da 
apposite procedure operative definite dalla struttura regionale di 
protezione civile, avendo particolare riguardo alle funzioni di 
coordinamento organizzativo svolte dalla Regione.       

163. Il Presidente della Giunta regionale, dichiarato lo stato di 
crisi di cui ai commi da 147 a 150, può individuare le organizzazioni 
di volontariato che più opportunamente siano in grado di intervenire 
in operazioni di prevenzione o di soccorso, dandone contestualmente 
comunicazione alla struttura nazionale di protezione civile per 
l’attivazione delle procedure di autorizzazione e conseguente rimborso 
spese con indennizzo ai datori di lavoro dei volontari impiegati.

164.  E’ istituito l'albo regionale del volontariato di protezione 
civile, relativamente alle associazioni e ai  gruppi, suddiviso per 
competenze professionali e specialità, ed articolato a livello 
regionale, provinciale e comunale.

165. La Regione favorisce la partecipazione alle attività di 
protezione civile delle associazioni od organizzazioni senza scopo di 
lucro che, pur non essendo iscritte all’albo regionale, sono iscritte 
nell’elenco nazionale  previsto dall’art. 1 del d.P.R. 613/1994.

166. La Regione rende pubblico annualmente l'elenco dei donatori e il 
valore dei beni o servizi donati o gratuitamente erogati con vincolo 
di destinazione alle attività di protezione civile. 

167. Nel caso di eventi calamitosi di eccezionale gravità, il 
Presidente della Giunta regionale, o l’assessore delegato, è 
autorizzato a provvedere con proprio decreto all’apertura di un conto 
corrente bancario o postale sul quale possono confluire le offerte 
spontanee di enti e soggetti pubblici e privati. I fondi raccolti sono 
destinati a interventi urgenti per il ristabilimento di normali 
condizioni di vita nell’area colpita dall’evento calamitoso.

168.  Le funzioni conferite alle regioni e agli enti locali ai sensi 
dell’art. 70, comma 1, lett. c) del d.lgs. 112/1998, salve in ogni 
caso quelle relative all’esercizio delle competenze statali, sono 
esercitate dalla Regione in attesa del riordino delle competenze del 
Corpo forestale dello Stato. La Giunta regionale adotta, a norma della 
l.r. 23 luglio 1996 n. 16 (Ordinamento della struttura organizzativa e 
della dirigenza della giunta regionale), i provvedimenti conseguenti 
al trasferimento alla Regione del personale del Corpo forestale dello 
Stato, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 
previsto dall’art. 4, comma 1, del d.lgs 143/1997.
	
169. Il comma 6 dell’art. 8 della l.r. 26 maggio 1982, n. 25 (Norme 
per la tutela e l’incremento della fauna ittica e disciplina 
dell’attività pescatoria) è abrogato. 

170. La lettera c) del comma 1 dell’art. 1 della l.r. 28 gennaio 1980, 
n. 11 (Norme sul funzionamento delle commissioni per la determinazione 
dei valori agricoli medi e dell’indennità di espropriazione e di 
occupazione) è abrogata.
	  
171. Sono abrogati gli articoli 4, 6, da 8 a 11, da 13 a  17, 19, 20 e 
27 della l.r. 54/1990 (Organizzazione ed interventi di competenza 
regionale in materia di protezione civile).

172.  In deroga al divieto di cui all’art. 1, comma 1, della l.r. 27 
maggio 1985 n. 60 (Istituzione di vincoli e destinazioni d’uso 
nell’area bonificata ai sensi della legge regionale 17 gennaio 1977, 
n, 2), nelle aree all’interno del Parco Bosco delle Querce, nel 
territorio del comune di Seveso, è ammissibile l’esecuzione delle 
attività edificatorie connesse alla realizzazione del Centro Studi e 
Informazione della Fondazione Lombardia per l’Ambiente.

 

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