017_01: Facciata principale
Sito n.: 17 - CHIESA E CONVENTO DEI SS. MEDICI
COSMA E DAMIANO
Negli anni trenta del Seicento il conte Giangirolamo II
Acquaviva d'Aragona (Il Guercio di Puglia) e la
consorte Isabella Filomarino commissionarono il
rinnovamento dell'antica chiesa romanica di San Matteo,
intitolando il nuovo complesso ai Santi Medici Cosma e
Damiano, a cui i conti erano particolarmente devoti,
avendone ricevuto una grazia.
L'edificio preesistente fu sottoposto ad un totale
rifacimento secondo lo stile barocco, e l'incarico
dell'integrale riprogettazione dell'apparato decorativo
interno, fu affidato al pittore napoletano Paolo Finoglio.
Egli, morto prematuramente nel 1645, non vide mai
compiuta l'opera, proseguita dai suoi allievi; la chiesa fu
poi consacrata nel 1660 dal vescovo Giuseppe Palermo.
L'esterno si presenta estremamente sobrio, con
muratura compatta e uniforme in pietra calcarea (quasi
ispirandosi all'antico stile romanico). La facciata presenta
cordoli che la percorrono orizzontalmente e, in asse con
il portale di ingresso, una grande finestra con lesena, il
cui modello è ripreso dalle più piccole finestre sul
prospetto laterale (all'intersezione con Corso Umberto).
Il campanile è a due ordini, in mattoni.
017_02: Prospetto laterale
Notevole è il contrasto tra la semplicità delle facciate
esterne e il fastoso spettacolo all'interno della chiesa,
autentico trionfo del barocco napoletano; a partire dalla
volta, infatti, un susseguirsi di stucchi e dorature fanno
da cornice agli splendidi affreschi della volta e ai grandi
dipinti degli altari, realizzati in gran parte dallo stesso
Finoglio. Nei quattro angoli della volta campeggia lo
stemma degli Acquaviva con al centro lo scudo
Filomarino. La perfezione delle cornici e l'abile gioco di
luce ideato per la volta, hanno fatto supporre l'intervento
dell'architetto Cosimo Fanzago, creatore di opere simili a
Napoli, tra tutte la chiesa di S. Chiara.
Gli affreschi della volta raffigurano in dieci scomparti
alcune scene del martirio e alcuni miracoli dei Santi
Medici e nell'undicesimo i santi taumaturghi che
ascendono al cielo in compagnia di S. Francesco, S.
Antonio e S. Chiara. Sarebbero stati eseguiti dal Finoglio
e dopo il 1645, anno della sua morte, completati dai suoi
allievi (tra questi, il pittore di Giovinazzo Carlo Rosa). I
lavori si sarebbero poi conclusi nel 1650, come attesta
un'iscrizione nel riquadro della volta posto in direzione
del portale d'ingresso. Secondo il giudizio degli studiosi, i
tre affreschi centrali, in asse tra loro, raffiguranti i Santi
Medici dinanzi alla SS. Trinità, i Santi gettati dalla
rupe e i Santi salvati dall'angelo, sarebbero, invece,
opere complete del Finoglio. Interessante anche il
riquadro che rappresenta La carità di S. Elisabetta
d'Ungheria, la regina terziaria patrona delle Terziarie
che abitarono il monastero per quasi due secoli.

017_05: Volta riccamente decorata con affreschi.
Ai quattro angoli lo stemma degli Acquaviva
d'Aragona
I dipinti collocati sugli altari rivestono un ruolo
fondamentale nel progetto di esaltazione dell'importanza
del signore committente, e i soggetti rappresentati
possono essere interpretati secondo interessanti chiavi di
lettura. A tale scopo particolare rilevanza assume la
raffigurazione del Battesimo di Cecilia e Valeriano
officiato dal papa Urbano I (secondo altare a sinistra
dell'ingresso). Il dipinto narra non solo il voto di santa
Cecilia non tradito per il consenso dell'amato Valeriano,
ma anche di una fase della storia della contea di
Conversano. Infatti la coppia di sposi in ginocchio è
"controfigura" del conte e della contessa committenti, in
atto di ossequio a papa Urbano VIII, ( al secolo Maffeo
Barberini, che già aveva concesso, con bolla del 1636,
alle suore francescane di questo convento di seguire la
regola di Santa Elisabetta d'Ungheria). Inoltre, alle spalle
di Santa Cecilia, è raffigurato un prelato dalla mozzetta
rossa e il pizzetto alla francese che gli storici dell'arte
identificano con Ascanio Filomarino (stretto congiunto
della contessa), basandosi sul confronto con altri suoi
ritratti e col mosaico dei SS. Apostoli a Napoli. Stando
alle cronache dell'epoca, costui avrebbe "presentato" il
conte al papa, consentendogli di divenire filofrancese.
Anche la tela della Vergine in trono col Bambino che
incorona una santa francescana, collocata nella
prima cappella a destra, fa riferimento ad episodi e
personaggi della vita del conte: gli elementi iconografici
identificano Santa Rosalia con una tale Rosalia
Filomarino, che fu badessa in quegli anni. Sullo sfondo,
inoltre, è rappresentata una città marinara in fiamme
che ricorda l'impresa del conte quando liberò
Manfredonia dall'attacco dei saraceni.
017_06: Urbano I battezza S. Cecilia e Valeriano.
Tela di P. Finoglio
017_10: Vergine con Bambino che incorona una
santa Rosalia. Tela di P. Finoglio
Sempre su questo lato, proprio di fronte al battesimo di
Cecilia e Valeriano, è collocato un Martirio di San
Gennaro, considerato una delle opere migliori del
Finoglio. Questo dipinto mostra chiaramente come
l'autore riesca a ben coniugare gli insegnamenti tardo-
manieristi di Ippolito Borghese col naturalismo di matrice
caravaggesca: ne sono un esempio il piviale davanti al
Santo inginocchiato e il boia accanto a lui, splendida
figura rappresentata con grande attenzione ai particolari
anatomici.
017_09: Martirio di San Gennaro. Tela di P. Finoglio
La prima cappella a sinistra ospita una tela raffigurante
S. Antonio che libera il padre accusato di omicidio.
Secondo la tradizione, il pittore avrebbe iniziato i lavori
proprio da questo altare, affinché i santi epònimi,
raffigurati nella tela , sorvegliassero l'intera esecuzione.
La terza cappella a sinistra, invece, fu trasformata per
volere di mons. Lamberti nel 1898. E' dedicata al culto di
Santa Rita, molto radicato nei conversanesi in seguito al
miracolo avvenuto proprio in questa città, che fu decisivo
per la canonizzazione della Beata. In seguito a questo
evento, la chiesa è stata elevata a Santuario ritiano, il
secondo in Italia, dopo Cascia.
Accanto a tale cappella, nel cosiddetto "altare delle
Reliquie", è collocata una bella Madonna della Purità, una
tavola di matrice toscana, forse cinquecentesca, non
ancora attribuita: la dolcezza della Vergine si svela nel
gesto che Ella rivolge al Bambino. Le ante dell'armadio
delle reliquie, datato 1656, furono realizzate da Nicola
Gliri e da lui dipinte con i santi Francesco e Chiara.
017_07: S. Antonio che libera il padre accusato di
omicidio. Dipinto di P. Finoglio
L'altare maggiore, in marmi policromi settecenteschi e
legno, ospita un San Cosma e San Damiano in estasi
di Alessandro Turchi, detto l'Orbetto, pittore veronese
che lavorò molto a Roma su commissione di Maffeo
Barberini.
I sottarchi delle gallerie del matroneo sono opera di
Cesare Fracanzano (XVII secolo) che aveva operato
anche nella vicina chiesa di S. Benedetto.
Alla destra del portale d'ingresso, dove si scorgono
tracce di un'altra cappella, è presente una cantoria
barocca in cui è collocato il secondo organo, voluto qui
perché fosse accessibile a chiunque. Infatti l'altro,
collocato nel matroneo in legno dipinto, era accessibile
solo dalla clausura.
Sulla porta d'ingresso della chiesa e su quella del
monastero il Guercio fece collocare gli stemmi in pietra
del suo casato; successivamente, in seguito all'abolizione
della feudalità nel Regno delle Due Sicilie (decreto
firmato da Giuseppe Bonaparte il 2 luglio 1806), durante
una sommossa popolare, lo stemma della chiesa venne
asportato (se ne vede ancora l'alloggiamento) mentre
quello del monastero fu picconato.
017_08: S. Domenico dona la vista ai ciechi
Nel corso dei secoli furono eseguiti lavori di
consolidamento e modifica, sia della chiesa che del
convento; dopo il decreto di appropriazione dei beni
ecclesiastici da parte dello Stato, il vescovo mons.
Lamberti acquistò il convento e lo donò alle suore
Crocifisse Adoratrici dell'Eucarestia, che s'insediarono a
partire dal 1912 e che continuano nell'antico convento la
loro vita claustrale e le loro attività.
Nel corso dei secoli la prolungata esposizione al fumo dei
ceri aveva completamente annerito le decorazioni del
soffitto, oggi tornato al suo antico splendore, dopo il
recente restauro (a cura della Soprintendenza ai Beni
Artistici della Puglia). La prima fase dei lavori di restauro
ha riguardato la volta e la seconda cappella a sinistra,
mettendo in luce anche una lesena originale, precedente
gli interventi settecenteschi che riguardarono i marmi
dell'altare maggiore e la balaustra del transetto.
Negli anni futuri sono previsti degli ulteriori interventi,
volti a restituire l'originale bellezza alle parti della chiesa
non ancora restaurate, e tra queste la parete su cui è
collocato l'altare principale.
Orari di Apertura: solitamente la chiesa è aperta la
Domenica, nei giorni della Settimana Santa, il giorno
della festa di S. Rita (22 maggio). Nei giorni in cui è
chiusa, è comunque possibile chiedere l'apertura alla
suora portinaia, presso l'ingresso del convento.
Accessibilità: dall'ingresso principale la chiesa presenta
tre alti gradini, piuttosto ripidi. Più agevole l'ingresso dal
convento, usufruendo della porta di comunicazione
interna, ma comunque occorre superare un gradino.
Il Convento fu costruito in concomitanza con la Chiesa e
terminato nel 1665. L'edificio presenta su via S. Cosma
dei particolari contrafforti a scarpata e, ad angolo con la
salita S. Gaetano, una nicchia con statua seicentesca di
S. Cosma che guarda verso Casalnuovo.
166_01: Contrafforti a scarpata su via S.Cosma
081_01: Statua seicentesca di S. Cosma
Bibliografia:
ARMIDA, 2001: Conversano, città d'arte. ARMIDA,
Conversano, pp. 43- 47
ASSOCIAZIONE TURISTICA PROLOCO- CONVERSANO,
2004: Conversano. SCHENA EDITORE, Fasano (BR), pp.
MARINA ESPOSITO e LAURA MITAROTONDO, 1999:
Chiesa e Convento del Carmine a Conversano, CONGEDO
EDITORE, Galatina (LE), pag. 74
Link:
www.retepuglia.uniba.it/ComuneConversano/comune%20di%20conversano/pinacoteca/periodo%20conversanese.htm
|