Nel XIX secolo, in provincia di Bari, sorsero
circa cinquanta teatri, segno di un vivace panorama culturale,
contraddistinto da vivo interesse del territorio per il
teatro.
Si parlò per la prima volta della costruzione
di un teatro comunale a Gioia del Colle nel corso di una seduta del
decurionato, il 23 aprile 1837. Il locale destinato a divenire un
teatro fu identificato in un lamione, vale a dire un grande
edificio utilizzato per il ricovero di cavalli da posta. Tale
edificio, già affittato dal comune per il precedente uso, fu
restaurato e riadattato ad uso teatro nel 1841 ad opera
dell'ingegner Felice Ravillon, con delibera del sindaco Antonio
Panessa. L'inaugurazione avvenne nel 1843, anche se le decorazioni
interne risalgono solo al 1858, ad opera del pittore Tommaso
Bianchi, e al 1862, per mano di Giulio
Jacobellis.
La scelta di riadattare il vecchio edificio si
rivelò infelice in quanto già nel 1854 il teatro dovette
subire dei lavori per rimediare a crepe e lesioni, terminati i
quali, il teatro si presentò con due ordini di palchi e 230
posti.
Negli anni successivi vari interventi furono
mirati a migliorare l’arredamento interno e reimpostare la
struttura interna (nuovi accessi al loggione e sistemazione del
sipario e del soffitto della platea). Inoltre nel 1863 il comune
deliberò l’acquisto di alcune sedie per evitare
l'incresciosa necessità, per gli spettatori, di portarsi le
sedie per i palchi.
Nel 1867 il comune acquistò un giardino posto
alle spalle del palcoscenico di proprietà dei fratelli Depalma
al fine di ingrandire il teatro divenuto insufficiente a soddisfare
le esigenze delle crescente popolazione. Pare, infatti, che il
successo del teatro presso i gioiesi fosse tale da permettere che
la struttura si sostentasse esclusivamente grazie agli introiti
derivanti dalla vendita dei biglietti e dai contributi delle
compagnie teatrali.
I lavori di restauro ed ingrandimento del teatro,
incluse alcune opere di manutenzione, si conclusero nel 1898
secondo il progetto dell'ingegnere barese Vittorio Chiaia. Il
progetto oltre ai lavori di rifacimento della copertura ed
ingrandimento del palcoscenico, che venne fornito di sottoscena,
camerini, piano meccanico e loggia di manovra, previde la creazione
di un avancorpo che contenesse: il foyer, il botteghino, il
guardaroba, i bagni, il vestibolo di accesso (fino ad allora la
sala del teatro era quasi a contatto con la strada), e il
miglioramento della situazione armonica dell’orchestra;
inoltre fu previsto il restauro delle decorazioni preesistenti e
l’aumento del numero dei posti. Per migliorare le condizioni
di sicurezza furono aumentate le uscite a render facile e pronta
l’uscita degli spettatori in caso di panico o di incendio, e
per l’esterno a decorarlo di un prospetto architettonico, il
quale denunzi la destinazione dell’edifizio rispetto alle vie
che lo circondano.
Dei due progetti presentati da Chiaia, uno che
prevedeva l’anfiteatro di platea e di seconda fila che,
sfruttando in verticale lo spazio consentisse un numero maggiore di
spettatori, e l’altro che prevedeva di arretrare l’arco
scenico per ingrandire la sala ed aumentare il numero dei palchi
dei tre ordini, fu scelto quest’ultimo che permise
l’aumento della capienza da 230 a 376 posti (12 palchi al
primo ordine, 13 al secondo ordine, 6 al terzo, ove vi era anche il
loggione ad anfiteatro con 60 posti, e 130 posti in
platea).
Appartengono allo stesso periodo i lavori
decorativi eseguiti all’interno daNicola Mascialino: il teatro
presentava un arco scenico con pilastri laterali, colonne scanalate
e capitelli corinzi sul cui prospetto campeggiava lo stemma
cittadino; la struttura in legno era stata staccata dal muro
retrostante per questioni di acustica; nei tre ordini, i palchi
erano divisi da pilastri sui quali comparivano cariatidi, grifoni e
bracci per l'illuminazione; sul fronte vi erano cornici dorate,
mascheroni e calate di fiori dai parapetti tappezzati di velluto
rosso. Il plafone, con al centro un rosone traforato, era diviso in
scomparti con dipinti a guazzo in prospettiva, ornato di fiori,
cornici in rilievo e dorate; sull'arco scenico, infine, vi erano
dipinti due amorini rappresentanti uno la musica e l'altro la
commedia.
Nel 1900 vennero realizzati i tre busti di gesso
posti, sulla facciata del teatro, per mano dello scultore gioiese
Giuseppe Masi.
Il teatro venne dotato di impianto elettrico nel
1907, in sostituzione di quello a petrolio.
Nel 1924 la gestione del teatro fu concessa alla
Società Filodrammatica "N. Oxilia".
A partire dal 1925, a fasi alterne, il teatro fu
adibito a cinematografo, sotto la gestione di molteplici enti fino
al 1941.
Pesantemente danneggiato dall'occupazione delle
truppe tedesche prima e di quelle alleate dopo, nel corso della
Seconda Guerra Mondiale, il teatro subì la devastazione
interna con la scomparsa di tutte le decorazioni, le scenografie,
l’impianto elettrico e persino le sedie; per questo nel 1947
l'amministrazione comunale decise di concederlo a privati, previa
presentazione di un progetto di riqualificazione. Il Consiglio
approvò il progetto compilato dall'ingegnere Basile e
presentato da Vincenzo Latanza e Gaetano Donatone per la
concessione gratuita del teatro per un periodo di ventinove anni.
Il teatro venne, così, ampliato fino ad una capienza di
ottocentocinquanta posti a sedere e furono costruiti: un nuovo
ingresso, il complesso di camera di proiezione, camerini del
palcoscenico ed altre uscite di sicurezza.
Nel 1959 il teatro Rossini tornò sotto la
gestione comunale.
A partire dal 1987 prese il via l'iter per
l’approvazione e la realizzazione del progetto di restauro
presentato dall'architetto Dario Morelli,che prevedeva il ripristino
della primitiva funzione dell'edificio e la costruzione di tre
ordini di palchi.
Progetto d'ampliamento,
sezione.
Progetto d'ampliamento, pianta della seconda
fila.
Il 9 novembre 1997 il teatro è stato riaperto
al pubblico e per l'inaugurazione il maestro gioiese Domenico
Losavio ha diretto il concerto dei Solisti Dauni nell'esecuzione
delle Quattro Stagioni di Vivaldi.
La piazzetta antistante è stata arricchita
con quattro sculture in pietra dello scultore Antonio Paradiso di
Santeramo in Colle.
A partire dal 1997, la gestione del teatro è
stata affidata alla società Teatro Kismet Opera di Bari,
mentre attualmente è gestito direttamente dal Comune di Gioia
del Colle.
FONTI:
-
Giovanni Carano
– Donvito, Storia di Gioia del Colle dalle origini ai
primi del secolo XX con una appendice e sette monografie, vol.
II, Putignano,Officine e Grafiche De Robertis
-
Sebastiano
Lagosante, Il sentito bisogno di altri lumi – Il
teatro comunale di Gioia del Colle, 16.Fogli
d’identità territoriale / aprile 2003, Comune di Gioia
del Colle – Assessorato alla Cultura
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