Arco
Cimone
L’Arco Cimone, posto all'incrocio tra Corso
Vittorio Emanuele e via Principe Amedeo, costituiva la porta
d'ingresso ad una corte che presentava un'abitazione risalente al
periodo normanno.
In quella casa, situata sul lato sinistro, dopo
aver varcato il profondo arco sul quale s’innalza tale
costruzione, risiedeva il Legato Apostolico Benedettino, che era il
rappresentante dell'abate Eustachio di San Nicolò di Bari ed
incaricato di tutelare in loco gli interessi della Chiesa di
Bari.
Successivamente, il conte normanno Riccardo
d'Altavilla, Siniscalco dei duchi di Puglia e primo Signore di
Gioia, nel 1108 dona alla Chiesa di San Nicolò di Bari, la
Chiesa gioiese di San Pietro de Scavezzulis con una ricca dotazione
di terre e nel 1111 dona anche il suo Castello con gli abitanti e
le terre circostanti (castellum nostrum cum omnibus eius
habitatoribus), riservandosene l'usufrutto. Dopo la sua morte,
avvenuta intorno al 1122, i Normanni, che gli succedono quali
Signori di Gioia, riconoscono solo di nome queste donazioni,
usurpando gran parte di quelle terre. La controversia legale
condotta dai vari legati della Chiesa di San Nicolò per il
legittimo possesso di quei beni dura quasi un secolo e,
temporaneamente, si conclude a favore della Chiesa di San
Nicolò nel 1196.
Tracce che attestano l'antichità della
costruzione dell'abitazione che sovrasta l'arco e del suo utilizzo
come residenza di diversi signori, ancora visibili sulla
costruzione, sono costituiti dalla presenza di diversi elementi e
fregi architettonici, tra cui uno stemma gentilizio con tre rose
presente nella chiave dell'arco stesso, appartenente alla famiglia
D'Andrano, il simbolo araldico che insiste nella incorniciatura
della bifora che sovrasta l'arco. Balza subito all'occhio anche
l'ampia scalinata esterna che conduce al piano superiore.
Particolare, stemma
gentilizio con tre rose presente nella chiave
dell'arco.
Particolare, simbolo
araldico che insiste nella incorniciatura della bifora che sovrasta
l'arco
L'ultimo rappresentante della famiglia Cimone, un
certo Vito Stasi Cimone, lo troviamo il 2 febbraio 1802 quale
"membro magnifico" nel pubblico parlamento per la causa che il
Comune di Gioia intenta contro Pasquale Soria per il possesso del
demanio di Marzagaglia.
Dopo aver percorso un piccolo tratto dell'omonimo
vicolo troviamo l'arco ogivale della lunghezza di circa 10 metri,
che è ribassato, in quanto, come è ben visibile
dall'interno della corte, è impostato ad un’altezza non
molto sopraelevata e perciò poco distante del piano stradale.
All'interno della corte sono visibili due archetti sovrapposti, che
svolgono la funzione di contrafforti tra due abitazioni adiacenti e
separate da uno stretto vicolo.
La corte in tempi più recenti si è
arricchita di nuove abitazioni.
FONTI:
- Articolo
scritto dal Prof. Francesco Giannini il 22/2//2010 e tratto da
http://www.gioiadelcolle.info/2010/02/22/gli-archi-parte-i/
- Vito
Angelillo, L’antica madre – forme e sviluppo del
centro storico di Gioia del Colle, 9.Fogli
d’identità territoriale / maggio 1999, Comune di Gioia
del Colle – Assessorato alla Cultura
IMMAGINI:
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