La Chiesa Madre fu edificata fuori dalla cerchia
delle mura alla fine del secolo XI da Riccardo Siniscalco, primo
Conte di Gioia, ed intitolata a San Pietro. In essa le funzioni
religiose venivano officiate in rito latino. La chiesa era tutta in
pietra lavorata, a tre navate, ed ai lati dell’altare
maggiore c’erano due alti campanili con due campane ciascuno.
Aveva l’organo, il pulpito, la sedia vescovile e numerose
tombe e cappelle gentilizie.
Fin dalla fondazione è stata chiesa Civica
Ricettizia, cioè una corporazione ecclesiastica, riconosciuta
come persona giuridica, formata da un collegio di chierici con lo
scopo della cura delle anime e dell'esercizio collettivo del culto,
che aveva un patrimonio in comune, derivante da lasciti di beni e
rendite, le cui somme spettavano in parte proporzionata tra i
partecipanti.
Nel 1764, o a causa di un incendio scoppiato nel
coro o verosimilmente perché l'edificio sacro presentava
problemi di staticità, per il degrado in cui versava e per il
fatto che era piccola rispetto all'appellativo con cui veniva
chiamata (Chiesa Grande o Matrice) e non più idonea alle
esigenze del culto, la Chiesa venne abbattuta per volere di un
certo Donatantonio Monte. Con tale demolizione andò così
distrutta o perduta l’iscrizione in marmo che ricordava la
fondazione della Chiesa di S. Marco nel 506, che poi era stata
trasportata dalla vecchia S. Marco alla nuova Chiesa di S. Pietro
nel 1150. Andò perso anche il faldistorio.
Oggi possiamo ammirare solo alcuni reperti che si
sono salvati da quella tragica distruzione. I più numerosi
sono i resti conservati nell'interno della Chiesa, che sono
costituiti da: un altare in pietra, sormontato da uno stemma
gentilizio (in sacrestia); una piccola statua di Sant'Antonio
abate; un Cristo deposto o Hecce Homo, che riporta l'iscrizione del
nome dell'autore, il primicerio Giovanni Roccha (lo stesso
dell'Arma Ioe); un altorilievo in pietra murato sulla parete
sinistra del terzo altare di destra, entrando in chiesa, quello del
Crocifisso; un gruppo scultoreo in pietra che rappresenta la
Madonna con il Bambino nell'atto di incoronare Santa Caterina,
opera anch'essa attribuita allo scultore Stefano da Putignano, oggi
presente nella Cappella di Maria Bambina.
Si è salvata anche una vasca battesimale in
pietra, che attualmente si trova nella Chiesa di San
Vito.
Nel 1739 la Chiesa venne rifatta dalle fondamenta,
dall'architetto Pasquale Margoleo, che decise di addossarla alla
chiesetta del Purgatorio, divenendo a croce latina e in stile
barocco così come oggi la vediamo.
A seguito del terribile terremoto verificatosi
nella notte tra il 16 e il 17 dicembre del 1857, la Chiesa venne
chiusa al culto per parecchio tempo, in attesa dell'ultimazione dei
lavori di riparazione dei danni ed anche per l'adattamento in un
solo corpo di fabbrica della Cappella del Santissimo di recente
acquisizione.
Nel 1878, anche in conseguenza dei numerosi danni
provocati dal terremoto, il Comune decise l'abbattimento della
vecchia e pericolante torre dell'orologio sita in via Duomo per
allineare e allargare la strada che portava alla Chiesa, per
rendere maggiormente visibile il suo prospetto e per abbellire il
paese con una piazza.
Tra il 1937 e il 1940, la Chiesa fu abbellita con
pitture e decorazioni varie, in gran parte del pittore veneziano M.
Prayer.
Il 23 febbraio 1942 la Chiesa subì gravi
danni: crollò il campanile, la sottostante Cappella di S.
Filippo Neri nonché la sacrestia e parte della
canonica.
Nel 1950 fu rifatta, con pietra lavorata, la parte
antistante l'ingresso principale della Chiesa e si dette inizio ai
lavori di ricostruzione del Cappellone di San Filippo. Nel 1951 fu
completato il rustico del Cappellone e del grande salone, sorto
sulle macerie della sacrestia e della canonica
diroccata.
Nel 1955 fu demolita la vecchia cantoria di legno
per costruirne una in cemento, poggiante su colonne di cemento.
Durante questi lavori per la sistemazione delle fondamenta e per la
messa in opera del nuovo pavimento nell’interno della chiesa,
vennero alla luce degli ipogei, che erano adibiti anticamente a
luogo di sepoltura. In queste cripte, risalenti probabilmente
all’epoca della primitiva fondazione della cattedrale
normanna e che la ricostruzione del 1764 aveva lasciato intatta,
furono rinvenute numerose tombe gentilizie. Purtroppo i tecnici che
effettuarono i lavori, temendo che uno sfaldamento dei muri
perimetrali delle fondamenta avrebbe potuto compromettere la
stabilità della Chiesa, fecero colmare di detriti e cemento
armato quella cripta, dopo aver fatto traslare nell’ossario
del Cimitero i resti dei defunti che vi erano
sepolti.
L'opera di ristrutturazione si terminò con la
ricostruzione del campanile, rifatto in cemento armato, dov'era e
com'era, dotato di un concerto di dodici campane, azionate
elettricamente. Il rustico fu terminato il
1965.
La facciata
esterna
La facciata esterna della Chiesa, recentemente
restaurata, è scandita in tre parti da lesene, in senso
verticale. Nel senso orizzontale è divisa in due ordini ed
è coronata da una balconata e da un fastigio a cornucopie. Sul
prospetto della Chiesa sono visibili: un gruppo scultoreo in
pietra, raffigurante una Madonna in trono con il Bambino Gesù,
probabile opera dello scultore Stefano da Putignano, inserita nella
nicchia presente sul lato destro della facciata, una statua
raffigurante San Filippo, inserita in una nicchia presente sul lato
sinistro e due bassorilievi in pietra che rappresentano altrettanti
leoni rampanti, posti ai lati degli stipiti del portone d'ingresso,
quelli che si salvarono dall’incendio del 1764. Sul portone
centrale un’epigrafe riporta l'anno della ricostruzione della
Chiesa, il 1764. La facciata superiore presenta un grosso
finestrone a forma di campana, sul quale è incisa la data del
1771, periodo in cui fu eseguita questa parte dell'edificio sacro.
Sul fastigio, delimitato da due cornucopie un'altra epigrafe, ci fa
conoscere che la facciata fu completata da Pasquale Montanaro nel
1893. Ai lati del nucleo centrale una balconata offre alla facciata
un aspetto squadrato. In posizione arretrata sul lato sinistro la
Cappella del Santissimo, presenta la porta d'ingresso murata e in
alto una finestra a forma di campana. Tra il lato sinistro della
Chiesa e la Cappella s’innalza un modesto
campanile.
L'interno della
Chiesa
L'interno della Chiesa è ad una navata, con
volte a botte affrescate, in stile tardo barocco. La navata
presenta quattro archi laterali seguiti da un grande arco trionfale
che sorregge la cupola che dà origine al transetto, cui segue
il presbiterio di forma squadrata. Gli archi sono collegati tra di
loro da colonne piatte scanalate che presentano capitelli ionico-
corinzi dorati. Al di sopra degli archi una finestra con vetri
policromi dà luce all'interno della Chiesa. In quasi tutti gli
archi è inserito un altare, sormontato da due colonne
corinzie, che sostengono un arco, interrotto nella parte centrale,
che presenta un ovale nel quale è inserito un
dipinto.
Dopo aver varcato la prima arcata ai lati della
navata è presente un’acquasantiera in marmo, a forma di
conchiglia, con un frontale anch'esso in marmo policromo, che
presenta un tondo con una colomba sormontato da una testa di
angelo.
Entrando dal lato destro, dopo il primo arco
laterale, in cui è inserita la porta di accesso laterale,
segue un secondo arco, nel quale è inserito un altare dedicato
a San Francesco da Paola, come si può notare dal grande
dipinto ad olio sovrastante. Il Santo è raffigurato in grande
nella Gloria del cielo e in basso, in piccolo nel momento in cui
attraversa sul suo mantello lo stretto da Reggio e Messina. Il
dipinto, opera commissionata dalla vedova Apollonia Fiorentino
Antonicelli, porta la firma si Saverio Calò di Molfetta e la
data del 1821. Il dipinto inserito in un ovale sulla parte
inferiore dell'arco raffigura San Domenico.
Nel terzo arco di destra vi è un altare
privilegiato quotidiano, come si evince da una targa marmorea,
dedicato alla Madonna del Carmelo, la cui Confraternita opera in
questa Chiesa. Il dipinto sull'altare raffigura la Madonna del
Carmine con il Bambino tra le sue braccia, contornata da angeli,
che sovrasta alcune anime del Purgatorio che la invocano. La tela
porta la firma Paulus Lanari Romanus P. 1797. Nell'ovale
soprastante è raffigurato San Giuseppe con il Bambino.
Sull'altare, ai due lati della tela della Madonna un angelo
sorregge un candelabro.
Nella quarta arcata di destra c'è l'altare
della Crocifissione. E' presente una tela dipinta ad olio
raffigurante la Crocifissione di Gesù nella parte superiore,
Maria Maddalena ai piedi della croce, colta in atteggiamento sereno
assorto e contemplativo e la Madonna Addolorata con altre pie donne
sul lato sinistro. Nell'ovale in alto è raffigurato Dio Padre
che osserva il Creato. A sinistra dell'altare è incastonato
l'Ecce Homo, una piccola edicola nella quale è presente un
altorilievo policromo raffigurante il Cristo con le mani legate,
con la testa china. L'edicola è racchiusa da due colonne
piatte scanalate che reggono una lunetta che contiene un calice con
un'ostia; nella parte bassa vi è la scritta A. P. uno scudo
con tre torri merlate e la scritta I. R.; si tratta dell'autore
dell'edicola, A(rtifex) P(rimicerius) I(hoannes) R(occha), il
primicerio e scultore Giovanni Rocca vissuto tra il 1400 e il 1500.
E' uno dei pezzi salvati dalla distruzione della Chiesa del
1764.
Sul lato sinistro della navata, dopo il primo
arco, che contiene la porta laterale d’ingresso che si
affaccia sulla vecchia Cappella del Santissimo, il secondo arco
è caratterizzato dalla presenza del battistero, opera portata
a Gioia dalla Cattedrale di Bari negli anni '50 a seguito di lavori
di restauro della basilica barese. Il fonte battesimale, in marmo
policromo ad intarsio, è sormontato da un gruppo marmoreo
raffigurante il Battesimo di Gesù nel Gioirdano, da parte di
Giovanni Battista. Il battistero è racchiuso in una semicupola
sorretta da quattro colonne, che termina nella parte superiore con
una Colomba. Nell'ovale superiore è rappresentato un Martire
cristiano. Nella parte posteriore del battistero si notano immagini
che rappresentano alcuni angeli. Il battistero è delimitato da
una balaustra in marmo pregiato.
Segue nel terzo arco la Cappella sporgente
dedicata a Maria Bambina. Sull'altare in marmo policromo, dedicato
alla Madonna, è presente un tempietto con frontone che nella
parte centrale racchiude una “M”, sorretto da due
colonne corinzie. All'interno un dipinto che rappresenta degli
angeli, fa da sfondo ad una culla dorata, sorretta da due angeli,
che contiene Maria Bambina. Una vetrata bombata protegge la
preziosa opera. Tutt'intorno alla teca corre uno spesso fregio
dorato sulla cui parte superiore è riportata la scritta
Turris Davidica, Torre di Davide, appellativo dato alla
Madonna nelle Litanie a Lei dedicate. Sull'ovale superiore è
dipinta una Vergine Santa, una dei primi martiri cristiani. Un
piccolo rosone circolare completa questa
facciata.
Al lato destro dell'altare un affresco raffigura
Rachele, moglie di Giacobbe e, sulla parte di fronte, Debora che
interviene a favore del popolo di Israele, mentre al lato sinistro
è rappresentata la regina Ester nell'atto di supplicare il re
Serse e, sul lato opposto, Giuditta che uccide Oloferne. Le altre
pareti laterali sono affrescate con scene della vita della Madonna:
la Madonna bambina con i genitori, la Madonna accompagnata al
Tempio, la Madonna educata ai lavori domestici e alla lettura, sul
lato destro, mentre sul lato sinistro: la proclamazione di
appartenenza alla comunità ebraica, la scelta dello sposo di
Maria, la celebrazione del matrimonio con Giuseppe. Nella lunetta
della facciata destra è presente anche un albero delle Vergini
con la scritta Maria Virgo Perpetua e cinque tondi che
raffigurano altrettanti Sante Vergini: Santa Caterina da Siena,
Santa Agnese, Santa Lucia, Santa Cecilia e Santa Maria
Goretti.
La Cappella presenta una cupola ribassata e
affrescata, divisa in quattro spicchi; nei pennacchi sono
raffigurati i quattro Profeti che hanno preannunciato la nascita
della Madonna: Isaia, Ezechiele, Michea e
Geremia.
Le altre pareti della Cappella, non interessate
dagli affreschi, come il resto della Chiesa, sono abbellite da
dipinti raffiguranti motivi floreali o decorazioni
varie.
Sul lato destro dell'altare da qualche anno, dopo
un paziente lavoro di restauro, è stato posto un gruppo
scultoreo del XVI secolo, attribuito a Stefano da Putignano, che
rappresenta la Madonna con il Bambino nell'atto di incoronare Santa
Caterina.
La Cappella oltre che dall'ovale presente
sull'altare è illuminata da un’apertura a forma di
campana che si trova sul lato sinistro della stessa, su quella che
originariamente era la porta d'ingresso della Chiesetta e che fu
successivamente murata quando fu inglobata dalla nuova
Chiesa.
Questa Cappella era originariamente la Chiesa
delle Anime del Purgatorio, più piccola dell'attuale Chiesa
Madre, dalla quale è stata inglobata dopo la sua
ricostruzione.
Nel quarto arco a sinistra vi è l'altare
detto dell'Immacolata, per la presenza del dipinto che raffigura la
Madonna Immacolata coronata di stelle nell'atto di schiacciare la
testa al serpente, nella gloria del cielo tra il Padre e un coro di
angeli. L'opera porta l'iscrizione: V tus L Boscia pro S. Devot F.
1798. Nell'ovale superiore è rappresentato San Vito, opera
dello stesso artista.
Al termine del quarto arco vi è l'incontro di
quattro archi trionfali che danno corpo al Cupolone e al transetto;
tali archi, a differenza degli altri che sono sorretti da lesene
scanalate con capitelli accennati, poggiano su quattro coppie di
colonne scanalate e rastremate sormontate da capitelli
ionico-corinzi. L'arco frontale presenta lo stemma araldico del
principe Carlo III De Mari, la cui salma sembra essere stata
deposta in uno degli ipogei della Chiesa. Sul pavimento marmoreo
sottostante il Cupolone si può ammirare la stella di Davide a
cinque punte e le due lettere greche che segnano l'inizio e la fine
(Alfa e Omega).
Nella parte destra del transetto è inserito
il prezioso altare che adornava la Cattedrale di Bari, di lì
portato a Gioia per opera di don Franco Di Maggio; è il
cosiddetto altare di San Filippo, patrono di Gioia del Colle.
Nell'ovale della volta vi è un dipinto che rappresenta la
Madonna che appare a San Filippo Neri per invitarlo a costruire la
nuova Chiesa a Roma. I due altari nel transetto sono sormontati da
due colonne corinzie abbinate. Nella lunetta che si trova
sull'altare un affresco riproduce una scena di San Filippo che
gioca con i bambini a Roma. La tela sull'altare riporta la scena
della Madonna con il Bambino in braccio; ai suoi piedi al lato
sinistro San Filippo con i ragazzi e sul lato destro Santa Sofia,
prima patrona di Gioia, con le tre figlie, che raffigurano le tre
virtù teologali: Fede, Speranza e Carità. La tela,
commissionata al pittore veneziano M. Prayer da don Franco Di
Maggio, è una copia della pala originale, andata perduta a
seguito del terremoto del 1942, che distrusse questa parte del
transetto. Sul tabernacolo, che presenta due teste di angeli
sormontati da un pellicano, allegoria di Cristo che dona la vita
per i suoi figli, è posizionato un busto d'argento di San
Filippo, dono di emigranti gioiesi.
L'altare è arricchito lateralmente da due
angeli marmorei che reggono un porta cero. Sul lato destro
dell'altare una pala, che in passato si trovava dietro l'altare
maggiore, raffigura la Natività della Vergine Maria. La mamma,
Sant'Anna, è a letto assistita da un'ancella, il padre, San
Gioacchino, si trova al centro con gli occhi rivolti verso l'alto,
dove sono raffigurati Dio Padre e una Colomba tra il coro degli
angeli. La Madonna è al centro, in braccio ad una donna,
circondata da altre assistenti. Il dipinto è opera del pittore
Vito Calò di Barletta e risale al XVIII
secolo.
Sul lato sinistro del transetto, nella parte
iniziale è inserito l'organo, mentre sul fondo si trova
l'altare di San Rocco, compatrono di Gioia. La volta presenta in un
ovale una scena della vita del Santo. Sull'altare una tela
raffigura San Rocco circondato dagli angeli e dagli appestati, con
gli occhi rivolti verso l'alto dove è rappresentato
Cristo risorto tra gli angeli, con la croce alle sue spalle,
nell'atto di benedire il Santo. E' un'opera della scuola napoletana
del secolo XVIII. Sul lato sinistro dell'altare una tela raffigura
l'Ultima Cena, opera del pittore Paolo Lanari presumibilmente del
1797. Sotto la tela si può ammirare l'ambone in legno
intarsiato, con schienale e copertura in legno, che originariamente
si trovava nella zona presbiteriale. A fianco all'ambone vi è
una porta che consente l'accesso ad un locale che è utilizzato
dalla Confraternita della Madonna del Carmine. Nella lunetta
sovrastante l'altare sono affrescate scene della fanciullezza di
San Rocco.
A destra dell'altare di San Rocco si apre una
Cappella, utilizzata come repositorio di statue di Santi. Nella
parte interna è rappresentata l'Annunciazione dell'Angelo a
Maria. E' suddivisa in otto spicchi: sono affrescate le quattro
virtù cardinali (da sinistra a destra: Giustizia, Fortezza,
Temperanza e Prudenza) alternate da altrettante aperture ovali
sulle quali è dipinto un calice con ostia. Nei quattro
pennacchi sono raffigurati i quattro evangelisti (da sinistra a
destra: Giovanni, Matteo, Marco e Luca).
Il presbiterio, delimitato da una balaustra in
marmo, è piatto e presenta un grande arco. Sotto l'arco una
finestra ovale presenta su vetri istoriati la culla di Maria
Bambina attorniata dagli angeli. Ai due lati dell'ovale le scritte:
Ave Maria e Gratia Plena. Il grande quadro posto
frontalmente nell'abside rappresenta alcune scene della
Natività di Maria. Ai due lati della Natività sono
rappresentati San Giovanni Bosco e San Filippo Neri. Nelle lunette
superiori laterali ci sono raffigurazioni di angeli. Sul lato
destro una tela rappresenta alcune scene della Genesi: Dio che
caccia Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre, l'annuncio della
nascita della Vergine, la Madonna che schiaccia la testa al
serpente. La tela presente sul lato sinistra raffigura la
glorificazione della Madonna tra il coro degli Angeli e dei Santi.
L'altare è finemente lavorato in marmo policromo, arricchito
da sei candelieri finemente lavorati; ai suoi lati e nella parte
retrostante è presente un pregiato e artistico coro ligneo
dotato di numerosi scanni, chiusi tutt'intorno da una protezione
lignea che svolge anche la funzione di leggio.
FONTI:
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