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CNR ITC sez. di Bari
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OBIETTIVI DELLA RICERCA

La ricchezza del patrimonio storico-architettonico dell’Italia, costituito da aree archeologiche, complessi monumentali e centri storici, affida al nostro paese la grande responsabilità di un azione sempre più incisiva tesa alla sua conservazione, tutela e valorizzazione.

Tale esigenza si scontra molto spesso con la scarsità dei finanziamenti disponibili in relazione al numero di beni da tutelare, che impedisce di fatto una corretta programmazione degli interventi, fondamentale per la definizione di efficaci strategie preventive del degrado.
Questa situazione riguarda anche gli edifici monumentali di maggiore rilevanza e pregio, che pur sottoposti ad interventi di restauro più frequenti nel tempo, quasi mai sono inseriti in un programma di manutenzione gestito da un organismo tecnico specifico, in grado di garantire una protezione efficace dell’edificio dal degrado prodotto dall’ambiente oltre che dall’utilizzo eccessivo degli stessi a fini turistico - culturali.

Se a tutto ciò si aggiungono i danni prodotti da eventi naturali quali: terremoti, dissesti idrico - ambientali, eventi bellici e ultimamente atti terroristici, ci si può rendere conto della complessità dei problemi da affrontare soprattutto in quei casi in cui non si disponga di un rilievo recente ed eseguito con tecniche moderne, indispensabile per un corretto ripristino del bene.
Ricorderemo a tale proposito, le gravi ferite causate al nostro patrimonio culturale dagli attentati, che nel luglio 1993, causarono la distruzione della Torre dei Pulci a Firenze
(Foto 1) del portico della chiesa di San Giorgio al Velabro (Foto. 2, 3) o ai danni inferti dai terremoti del 1976 e del 1997 al patrimoni storico-architettonico del Friuli (Foto. 4, 5), delle Marche e dell’Umbria.


(Foto 1) La torre dei Pulci a Firenze prima, dopo dell’attentato del luglio 1993 ed a ripristino

Quest’ultimo tragico evento ha evidenziato la necessità di diffondere in modo capillare la raccolta dei dati sulla vulnerabilità sismica del nostro patrimonio edilizio ; appare necessario estendere l’indagine e la raccolta puntuale dei dati all’intero patrimonio nazionale – al di là delle aree-campione comprese nella Mappa del Rischio – e mettere a punto metodologie in grado di tener conto della sussistenza di dati eterogenei, che non è possibile lasciare fuori dalla sistematizzazione delle conoscenze. Il raccordo fra sistemi informativi nazionali e sistemi locali di dettaglio, concepiti alla scala del singolo edificio, potrebbe dar vita a una base informativa complessa ma organica, la cui esistenza avrebbe permesso, in occasione di passati eventi, di definire programmi sistematici di intervento capaci di migliorare la resistenza degli edifici e quindi minimizzare i danni da terremoto.

All’indisponibilità di questi strumenti si è sin’ora sopperito con la grande capacità dei tecnici, di frequente in grado di rimarginare le profonde ferite inferte al patrimonio architettonico ed in alcuni casi di operare il miracolo della sua resurrezione.
Altro fattore di rischio per il patrimonio monumentale è rappresentato dai conflitti, come dimostrato da quanto accaduto in nazioni noi vicine, quali la Bosnia ed il Kossovo, ove l’odio interetnico ha causato oltre a drammi e sofferenze inaudite alla popolazione civile anche la distruzione, in alcuni casi completa, di molti monumenti civili e religiosi.
Ricorderemo la distruzione del ponte di Mostar in Bosnia-Erzegovina (Foto 6a, b) e dei numerosi edifici religiosi del Kossovo (Foto 7a, b), oltre al costante pericolo di distruzione a cui sono sottoposti interi complessi monumentali di inestimabile valore storico architettonico, proclamati patrimonio dell’umanità dall’UNESCO come i complessi monastici di Pec (Foto 4) e di Decani (Foto 5).

(Foto 2 a, b) Il ponte di Mostar distrutto dalle cannonate ed al termine della sua ricostruzione.

(Foto 3 a, b) Kossovo, chiese ortodosse distrutte ed incendiate.


(Foto 4) Complesso monastico di Decani.

(Foto 5) Complesso monastico di Pec in Kossovo.


Da questo breve panorama, emerge che la tutela dei monumenti e del patrimonio architettonico in genere non è più solo un problema di conservazione e di preservazione dagli effetti del degrado, ma sopratutto di protezione oggettiva dai danni provocati dagli eventi naturali e dall’uomo.
Non è utopico pensare di disporre in futuro, nel caso di calamità naturali, di una struttura paragonabile alla protezione civile, che nelle fasi successive all’evento ed in tempi rapidi, sia in grado di eseguire interventi di messa in sicurezza degli immobili, capaci di ridurre o minimizzare i danni.
A titolo esemplificativo giova ricordare quanto avvenuto, nella fase successiva al terremoto del 26 settembre 1997, alla Chiesa di San Francesco a Montefalco, che aveva subito danni gravi alla struttura voltata dell'abside con cedimenti dei costoloni e conseguente fratturazione degli affreschi lungo i punti di giunzione delle murature architettoniche e distacchi dal supporto murario.
Il pronto intervento, realizzato a partire dallo stesso giorno del sisma a cura dell’Amministrazione comunale, con la messa in sicurezza delle volte del coro ha permesso il salvataggio degli splendidi affreschi di Benozzo Gozzoli (1450), che altrimenti avrebbero subito gravissimi ed irreparabili danni.
Oggi l’intervento di restauro ha ripristinato il loro splendore, con un intervento certamente meno costoso e tecnicamente più semplice di quanto sarebbe stato in assenza della messa in sicurezza (figg 6 a,b,c).

(Foto 6 a, b, c) Gli affreschi di Benozzo Gozzoli nella chiesa di San Francesco a Montefalco: subito dopo il terremoto ed a restauro completato.


Tutto ciò apre necessariamente le porte a nuovi filoni di ricerca che sappiano definire le nuove metodologie di intervento e progettare sistemi per la messa in sicurezza degli edifici con caratteristiche modulari e capaci di adattarsi alle diverse tipologie degli edifici esistenti sul nostro territorio.
Naturalmente tutto ciò non è in grado di annullare il rischio ed il conseguente danno, ma certamente lo può ridurre e successivamente minimizzare se si dispone anche di dati aggiornati relativi al degrado, alla vulnerabilità sismica ed infine di rilievi acquisiti con camere fotografiche digitali o sistemi di scansione laser.
L’utilizzo di dati conoscitivi oggettivi, capaci di conservare stabilmente nel tempo sia le informazioni geometriche bi-tridimensionali sia quelle morfologiche relative alla superficie dell’edificio e strutturati all’interno di un sistema informativo potrebbe essere in grado di garantire una maggiore tutela dei beni architettonici nel prossimo futuro.
Da queste premesse nasce nel 1996 il progetto di ricerca “Strategie di raccordo tra innovazione e tradizione delle tecniche sostenibili per il restauro ed il recupero degli edifici e della città storica. Strumenti e metodi per il trasferimento alla piccola e media impresa” che ha dopo aver superato il vaglio delle commissioni esaminatrici del MIUR è stato approvato con decreto del 15/9/99 n.444 ed ha iniziato la sua attività nella seconda metà dell’anno 2000 conclusasi nel mese di novembre dell’anno 2004.
Dal momento della sua formulazione il progetto, pur subendo alcune ridefinizioni a seguito del progresso tecnologico avvenuto nel frattempo, ha conservato intatta la sua attualità .
Obiettivo della ricerca è stato, sin dal primo momento, la definizione di una nuova metodologia per la formulazione del progetto di restauro, basata sull’utilizzo di tecnologie avanzate nel settore del rilievo, della rappresentazione, della diagnostica e della gestione delle conoscenze relative ai manufatti edilizi.
Il tutto al fine di offrire alla media e piccola impresa, oltre che ad enti pubblici e singoli progettisti, strumenti idonei ad affrontare il problema della gestione del progetto di restauro sia nella fase della definizione che in quella della successiva cantierizzazione.
Il gruppo di ricerca che si è aggregato intorno al progetto ha visto la partecipazione dell’ITC CNR, sezione di Bari come soggetto attuatore, del Politecnico di Bari e della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il paesaggio della Puglia come soggetti partecipanti.
Salvatore Capotorto vai al sito del Politecnico di Bari vai al sito del Ministero dei Beni Culturali