L'edificio del Convento delle Monacelle, che è formato da due
corpi disposti ad “L”articolati su tre livelli, è adiacente la chiesa
dell'Addolorata. Il suo ingresso si affaccia su uno stretto vicolo.
La struttura odierna mostra evidenti segni di rimaneggiamenti
susseguitisi nel tempo che ne hanno sicuramente alterato
l'aspetto originario, che pare risalga al Quattro-Cinquecento.
Il convento non fu costruito ex-novo, ma si tratta, invece,
dell'adattamento di un antico palazzo appartenuto a una delle più
importanti famiglie del luogo, quella dei De Bellis.
Tra gli altri vi aveva abitato Mons. Domenico Bellisario De Bellis
(1647- 1701), vescovo di Molfetta, del quale, ancora oggi, sul
portale della casa spicca lo stemma abraso e la seguente
iscrizione:
TERTER BONE, TER.MELIOR, TERQUE O DEUS OPTIME
RERUM QUOD MIHI NON MERITO DAS, SUPER REDDE
MEIS A.D. MDCLXXXXII (tre volte buono, tre volte migliore, tre
volte ottimo, Dio (Creatore) di tutte le cose, ciò che dai a me
senza che lo meriti, restituiscilo moltiplicato ai miei - Anno del
Signore 1692).
L'ultimo proprietario, don Domenico Console, donò l'edificio
all'Orfanotrofio dell'Addolorata, nei cui ambienti fu data istruzione
ed educazione religiosa e civile a tante fanciulle orfane, che
venivano definite monacelle o piccole monache per il loro
abbigliamento austero simile a quello delle suore.
Successivamente vi fu istituito uno dei primi Conservatori di
musica della Provincia di Bari, molto apprezzato nel Regno di
Napoli.
Nel 1819 si insediarono nel Conservatorio di donzelle povere
otto Suore Oblate.
Nell'ultimo secolo l'edificio è stato adibito a scuola elementare, a
Caserma dei Carabinieri e ad albergo, dando così vita a
rimaneggiamenti che compromisero il tessuto originario del
complesso.
Anche il bel giardino appartenete all'immobile fu trasformato in
una piazza coperta ora scomparsa.
Attualmente il complesso è in fase di ristrutturazione per allocarvi
un Centro Culturale, comprendente la Biblioteca Comunale, il
Museo Civico e un auditorium.
Un'altra iscrizione lapidea, in Chiasso Elia, riporta la seguente
frase:
A° DN MDLXXVIII - LIBERTATIS A°. P.MO (Nell'anno del
Signore 1578 – Anno primo della libertà).
Questa iscrizione fa dunque riferimento a quanto era accaduto
nel 1578, quando il feudo di Casamassima, già degli Acquaviva
d'Aragona (1451- 1551), riacquistò un clima di libertà con il
ritorno degli stessi (1578- 1608).
(Fonte: CASAMASSIMA - IL PAESE AZZURRO, a cura di
Giampaolo Montanaro. Biblioteca Comunale, Comune di
Casamassima)
|