006_08: Portale d'ingresso e veduta della cupola
maiolicata.
Sito n.: 6 - CHIESA E MONASTERO DI SAN
BENEDETTO (sede del Museo Archeologico)
Le fonti documentarie testimoniano l'esistenza del
monastero sin dal 889; sempre nel IX secolo sono anche
attestate alcune donazioni da parte di privati, le quali
diventarono sempre più numerose nel corso dell'XI
secolo, consentendo un progressivo arricchimento del
monastero. Determinante fu a donazione al convento
dell'intero villaggio di Castellana da parte del primo conte
di Conversano, Goffredo Altavilla, donazione che permise
agli abati (ma poi anche alle badesse) di esercitare sul
casale diritti di tipo feudale. Inoltre, a partire dal 1110, il
monastero usufruì del titolo di "abbazia nullius",
concesso dal papa Pasquale II, grazie al quale il
convento venne esentato dalla tutela vescovile, passando
direttamente sotto la giurisdizione papale.
Nel 1267, in seguito all'abbandono del monastero da
parte dei monaci benedettini per motivi non molto chiari,
il cenobio fu affidato a Dameta Paleologo, con tutti i
relativi possessi, privilegi e beni accumulatisi fino a
quella data. Dameta, che era arrivata a Brindisi dal
Peloponneso insieme ad altre suore cistercensi, ottenne
nel 1271 dal papa Gregorio X la conferma della
dipendenza del monastero dalla sede apostolica. La
donna diventò così la prima "badessa mitrata" in
Conversano: a lei furono infatti concesse le insegne
vescovili, la mitra e il pastorale, e l'obbedienza di tutto il
clero di Castellana, che doveva a rispettare, nelle
occasioni richieste dal protocollo, il rito del "baciamano"
nei confronti della badessa, rito esteso anche al suo
cadavere.
Le donne che si avvicendarono sul trono badessale
esercitarono un potere considerato quasi "mostruoso",
che spesso le metteva sullo stesso piano di quello
esercitato da conti e vescovi. Non furono pochi, infatti, i
casi di scontri tra badesse e vescovi.
La presenza di badesse provenienti dai più nobili casati
conversanesi consentì l'accumulo di una sorprendente
ricchezza patrimoniale e di un veto e proprio "tesoro" di
oggetti preziosi e di arredo, di cui, purtroppo, rimane
oggi ben poco. Inoltre alcune badesse si impegnarono, in
varie circostanze, nella attuazione di lavori di restauro e
di rifacimenti che interessarono soprattutto la chiesa.
Il potere badessale durò cinque secoli, fino al 1810,
quando G. Murat emanò l'ordine di sopprimere il
Monstrum Apuliae.
Nel corso di questa lunga storia, sia la chiesa che il
convento sono stati oggetto di numerosi cambiamenti.
Dell'insediamento altomedievale l'unica testimonianza è
la cripta, il cui impianto iconografico è proprio delle
costruzioni monastiche anteriori al secolo X.
La chiesa e gli ambienti conventuali furono poi
ampiamente ristrutturati tra il 1085 e il 1136 e questo
assetto del complesso è attualmente ancora leggibile nel
campanile "normanno", nell'impianto planimetrico della
chiesa, a cupole in asse e mezze botti laterali (che si
ritrova anche nelle chiese benedettine di Ognissanti a
Valenzano e S. Francesco a Trani), nel piccolo chiostro
trapezoidale e nel corpo di fabbrica a nord-est di esso.
006_14: Pianta della chiesa e del chiostro
medievale.
006_15: Sezione longitudinale della chiesa.
006_16: Ricostruzione.
006_12: Campanile normanno e resti della
decorazione a mosaico sulla facciata.
Questo chiostro medievale (secoli XII-XIII), meglio noto
come "chiostrino", per distinguerlo dall'altro chiostro più
grande del monastero (datato al 1605), è caratterizzato
da un regolare susseguirsi di trifore, in cui si inseriscono
colonne e capitelli originari. Gli archi collocati
superiormente ai capitelli hanno subito diversi
rifacimenti, così come le trifore situate nei pressi
dell'attuale ingresso. I dodici pregevoli capitelli
conservatisi fino ai giorni nostri appartengono alla
tipologia "a stampella" e hanno forme diverse: fitomorfe,
zoomorfe e antropomorfe; tra quelli zoomorfi,
appartenenti al tipico bestiario di età medievale, spiccano
quello che riproduce delle civette affiancate e quello che
riproduce le sembianze di un animale immaginario,
probabilmente un grifone. Tra i telamoni, se ne
segnalano due in particolare: quello riproducente angeli
oranti inginocchiati e quello che riproduce la scena
dell'aratura. Dal suggestivo chiostro medievale è anche
possibile ammirare la facciata esterna sud della chiesa di
San Benedetto, su cui sono visibili antiche decorazioni
musive: una lunga fascia, con vari motivi geometrici, è
posta sotto la cornice di chiusura della muratura ed
un'altra fascia contorna l'elegante monofora che
sormonta il portale laterale; in alto si conserva anche
un'antica meridiana solare, anch'essa segnata con
minute tessere a mosaico.
Sui muri perimetrali esterni della chiesa è possibile
ammirare parte dell'antica decorazione musiva: oltre alla
fascia presente in alto lungo la cornice di chiusura, ai lati
dell'attuale ingresso sono presenti una pregevole
monofora e due lastre scolpite a bassorilievo, di cui una
rappresenta una figura di grifone.
162_03: Chiostro piccolo.
Se la primitiva configurazione architettonica è ancora
parzialmente leggibile, nonostante l'abbassamento del
piano di calpestio ed il rialzamento della cupola centrale,
i rifacimenti a partire dalla fine del sec. XVI hanno del
tutto stravolto l'assetto decorativo originario, di cui
rimane traccia solo nei frammenti musivi e scultorei.
Internamente la chiesa fu più volte rimaneggiata, in
particolare nel XVI secolo, quando furono eliminate le
absidi per fare spazio ad un grande altare centrale e ad
una cappella dedicata alla Madonna del Rosario. Nel
corso del XVII secolo la chiesa fu interessata da una
ulteriore serie di lavori che ne trasformarono
completamente l'aspetto.
Nel 1655 fu innalzato l'alto campanile barocco, realizzato
in laterizi e càrparo, i cui toni del rosso e bianco creano
un efficace contrasto coloristico. Ha impostati tre stemmi
sull'arco d'ingresso. Lo stemma centrale, in alto,
appartiene al papa dell'epoca, Alessandro VII; lo stemma
di destra appartiene ai conti Acquaviva d'Aragona, con al
punto d'onore quello di Isabella Filomarino, che
godevano di una sorta di diritto di patronato sul
monastero, in quanto avevano la facoltà di presentare al
papa la badessa eletta. L'altro è lo stemma del conte
Goffredo Altavilla, primo conte di Conversano e assai
prodigo nei confronti del monastero benedettino. Su
questo stemma è stato aggiunto il pastorale, simbolo del
potere badessale, che lo ha reso simbolo del monastero.
La copertura originaria del campanile era in mattoni
policromi maiolicati, sostituiti in tempi recenti con altri
nei toni del giallo e del blu.
Nel 1658 fu ampliato l'originario ingresso laterale della
chiesa e sostituito con un altro più grande, dal portale
maestoso e di gusto rinascimentale, con due coppie di
leoni collocati ai lati, probabilmente in origine destinati
ad una fontana: all'interno delle loro bocche, infatti, sono
tuttora visibili dei fori che dovevano servire per la
fuoriuscita dell'acqua.
006_02: Ingresso con i tre stemmi.
162_02: Veduta da Via S. Benedetto.
All'interno la chiesa fu abbellita da pregevoli altari
barocchi, in legno intagliato e dorato, su due dei quali si
ammirano tele attribuite a pittori seicenteschi: quella di
destra che rappresenta il Battesimo di Cristo è di Carlo
Rosa, la Crocifissione è di Nicola Gliri. A questi pittori e a
Francesco Antonio Altobello sono pure attribuiti gli
affreschi delle cupole in asse della navata centrale della
chiesa: delle tre, quella collocata al centro fu ingrandita
durante i restauri seicenteschi proprio per dare luce ai
nuovi altari e dilatare lo spazio della chiesa. I soggetti
degli affreschi sono diversi: nella prima cupola sono
rappresentate alcune sante cistercensi e la storia di San
Bernardo; in quella centrale le Virtù cardinali, nella terza
le storie della vita di san Benedetto.
La cantoria è datata al 1716, mentre l'altare maggiore,
realizzato in marmi policromi, è datato al 1766. Alcuni
studiosi ritengono però che l'originario altare maggiore
doveva essere anch'esso in legno intagliato: non è
escluso che questo possa essere stato in origine l'altare
collocato attualmente nella cappella del Rosario, su cui è
collocata la tela attribuita a M. Damasceno.
Ancora nel corso dell'800 la chiesa subì altri lavori di
restauro, condotti dall'insigne architetto conversanese
Sante Simone: nel 1855, sotto la sua direzione, furono
effettuati lavori per la sostituzione dell'antico pavimento
(forse a mosaico) dell'interno della chiesa, furono
realizzati altari in marmo (altare di San Bernardo e
altare della Vergine del Rosario con tele di Lotti) e furono
eseguiti lavori di intonacatura e stuccacuta dei pilastri,
dei muri e delle cupole.
La splendida pala dell'altare maggiore fu realizzata dal
pittore Paolo Finoglio e rappresenta i Santi Benedetto e
Biagio. La tela, appartenente alla maturità dell'artista
napoletano, è considerata il capolavoro del Finoglio: la
resa del piviale di San Biagio è notevole, come pure il
finissimo pizzo ad ago del suo camice. La luce dorata,
che investe la tela dall'alto, crea una visione d'insieme di
grande effetto.
006_17: Tela del Finoglio. Museo civico
archeologico
Link
http://www.cooparmida.org/sezionearcheologica.asp
http://www.utepuglia.it/conversano/conversano/conversano_museo.php
BIBLIOGRAFIA
ARMIDA, 2001: Conversano, città d'arte. ARMIDA,
Conversano, pp. 35-39.
Associazione turistica PRO LOCO-Conversano, 2004:
Conversano. SCHENA EDITORE, Fasano di Brindisi, pp.
36-41.
Cosmo Francesco Ruppi, 1976: Alla scoperta di un
angolo di Puglia, Conversano. SCHENA EDITORE, Fasano
di Brindisi, pag. 54.
Vito L'Abbate, 2005: Ricerche storiche su Conversano e
dintorni, Vol. II. Tipolitografia Pineta-Conversano,
Conversano, pp. 36-40.
Vito L'Abbate, 1983: Il territorio a sud-est di Bari in età
medievale. SCHENA EDITORE, Fasano di Brindisi, pp. 122-
124.
SITOGRAFIA
http://www.retepuglia.uniba.it/ComuneConversano/comune%20di%20conversano/pinacoteca/periodo%20conversanese.htm
|