PALAZZO LIOY (V. MAZZINI 59)
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Palazzo Lioy.

Sito n.: 44 - PALAZZO LIOY (V. MAZZINI 59)

La famiglia Lioy, originaria di Venosa, è attestata a Terlizzi con Potenziano, governatore feudale della città per conto dei Grimaldi, signori di Monaco. Egli, trasferitovisi definitivamente dopo aver sposato la nobildonna del luogo Pompilia Giannelli, fece costruire su vecchi casamenti acquistati nel 1579 un'ampia e decorosa “casa palazziata” con diversi membri superiori et inferiori, cortiglio, stalla, piscina d'olio, cellario (cantina), salone, quattro camere e cucina” e quant'altro inglobandovi l'Arco S. Nicola di accesso alla chiesetta e corte omonime1. Fu ereditata dal secondogenito, Antonio, mentre il primogenito Stefano era rimasto padrone della casa palazziata dei nobili Brigazza al Largo San Lorenzo, sempre nell’antica civitas, portata in dote dalla moglie Angela Brigazza, ma alienata successivamente dagli eredi. Sulla base di documenti si apprende che la Strada del Lago, per la stabile e prolungata presenza dei Lioy, aveva assunto la nuova denominazione di Via Lioy Vecchio, quando già gli eredi avevano costruito il palazzo settecentesco nel nuovo borgo sant’Ignazio; e da loro il rispettivo settore urbano assumerà il nome di Largo Lioy.
Era stato il secondogenito di Francesco Domenico Lioy, Michele (1735-1805), che aveva ereditato tutto il vistoso patrimonio fondiario a seguito del ripristino del maggiorasco e della rinuncia a suo favore da parte del primogenito, il già noto prete di famiglia, Filippo, a farsi promotore della costruzione del maestoso palazzo nel nuovo borgo di sant’Ignazio. Sorto su una quota di terreno edificabile di sua proprietà, prima occupato da alcune casupole e da un palmento, come recita il grande cartiglio sul portale, vi si trasferì nel luglio del 1776. A dissentire dal grandioso progetto era stato proprio il fratello maggiore, Filippo, che non condivideva quella mania di grandezza di Michele che esorbitava dalle reali disponibilità finanziarie. Nel redigere più tardi le sue memorie indugiò nell’annotare le pretese avanzate dagli altri due sue fratelli, Felice e Gioacchino, approdate alla divisione del patrimonio familiare e alla conseguente situazione di disagio economico che condizionò pesantemente il proseguimento dei lavori. Il palazzo rimase pertanto incompiuto e privo persino dell’ampia scalinata progettata sull’atrio dell’ingresso principale Tratto da: G. Valente, Feudalesimo e feudatari, VI, Mezzina, Molfetta, 2004, pp. 285-287.
1 Da docc. Lioy, Notamento, fasc. A, f.59.

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Palazzo Lioy. Portone.

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Palazzo Lioy. Particolare del portone.