Chiesa di S. Domenico
La Chiesa di San Domenico si trova in Corso
Vittorio Emanuele e fa parte di un piccolo complesso annesso al
Municipio. La tradizione vuole che sia sorta a devozione della
famiglia Silva, estinta nel secolo XVI.
Per un certo periodo fu dedicata a Santa Maria
delle Grazie, ora si venera la Madonna del
Rosario.
La Chiesa ed il Convento furono edificati dai
Frati Domenicani tra il XVI e il XVII secolo, successivamente, nel
1813, fu donata da Murat al Comune a seguito della soppressione del
Convento, avvenuta nel 1809.
LA CHIESA
La chiesa molto modesta esteriormente, posta in
attacco al Convento, quasi soffocata da altre costruzioni. La porta
d'ingresso, che occupa metà della larghezza della chiesa,
è sormontata da un frontone con architrave che sovrasta gli
stipiti costituiti da blocchi di pietra. Nella parte superiore
della facciata si trova un'apertura ovale chiusa da una vetrata
raffigurante la Madonna del Rosario, mentre più in alto è
visibile una piccola statua della Madonna coronata di stelle, su un
piedistallo in pietra ornato con tre teste di angioletti, unici
elementi decorativi presenti sulla parete esterna. Affiancato al
lato destro della facciata si trova un piccolo campanile con due
ordini di archi sovrapposti, uno dei quali è murato. Sulla
cupola poligonale è posizionata una sfera con la
Croce.
L'interno presenta uno sviluppo ad una navata con
volte a botte e pennacchi laterali. Vi sono tre archi susseguenti,
separati da due lesene; il terzo arco, rientrante rispetto agli
altri, presenta anche un arco sottostante più basso che
costituisce il transetto e l'inizio del presbiterio. Segue un
piccolo tratto di volta a botte, che termina nella semicupola che
sovrasta l'altare maggiore.
Entrando in chiesa, dal lato sinistro si può
ammirare un altare su cui vi è una teca contenente un Cristo
deposto nel sepolcro, opera eseguita in cartapesta. Poco più
in alto una nicchia racchiude una statua della Madonna Addolorata
ed ancora più in alto si può ammirare un affresco
raffigurante Santa Rita. Segue un secondo altare, datato 1896, sul
quale vi è un dipinto ovale raffigurante la Madonna di Pompei;
nella lunetta superiore vi sono tre affreschi: quello centrale
raffigura la Crocifissione, quelli laterali la Natività e la
Resurrezione.
Nella zona del presbiterio, in alto a sinistra vi
è un affresco del Sacro Cuore di Gesù, tra due
angeli.
Nella parte destra, in alto una finestra dà
luce al presbiterio, mentre nella parte bassa si può ammirare
un dipinto raffigurante Santa Rita. Elemento di raccordo del
transetto è la semicupola, che è interrotta da
un'apertura ovale, chiusa da una vetrata su cui è riprodotto
San Domenico benedicente.
L'altare maggiore, in marmo policromo è
separato dalla parete di fondo del presbiterio da due strette scale
in pietra che portano ad una nicchia nella quale trova
alloggiamento una statua lignea della Madonna del Rosario. La
nicchia è racchiusa in un tempietto appena accennato, composto
da un frontone e un architrave sorretti da due colonne abbinate. Ai
due lati dell'altare vi sono due dipinti, opere eseguite dal
pittore Mimmo Alfarone nel 1997, raffiguranti San Domenico e Santa
Caterina da Siena.
Nei pennacchi della cupola ad opera della pittrice
Vasco Rosalba nel 1995 sono stati affrescati i quattro
evangelisti.
Nella seconda arcata di destra sull'altare vi
è un dipinto della Scuola del Caravaggio raffigurante tre
santi domenicani: S. Pietro da Verona, San Tommaso d'Aquino e San
Vincenzo Ferrer, in adorazione del SS.
Sacramento.
Nel primo arco a destra, sull'altare vi è una
nicchia contenente una statua in pietra di Gioia del XVI secolo,
dipinta, raffigurante San Francesco da Paola.
Lungo i lati della navata, in corrispondenza degli
attacchi degli archi ci sono dodici medaglioni, raffiguranti gli
apostoli, opera eseguita dal pittore Mimmo Alfarone nel
1997.
Come per le altre chiese di Gioia annesse ai
Conventi, anche per questa ci doveva essere un sotterraneo, al
quale si accedeva dal centro della navata, utilizzato come cimitero
per i frati, il cui ingresso è stato sicuramente chiuso a
seguito del rifacimento della pavimentazione. Oggi su tale
pavimentazione è visibile una vistosa scritta in marmo: AVE
MARIA.
Sulla bussola all'ingresso vi è un piccolo
organo e una postazione per il coro, al di sopra dei quali vi
è una apertura ovale con una vetrata che riporta l'immagine
della Madonna del Rosario.
Nella sagrestia si conservano alcune tele del
secolo XVII raffiguranti Santa Rosa, Santa Teresa e San Pio V,
Papa, una piccola statua di San Domenico ed un'altra
dell'Immacolata.
La vecchia sagrestia si trovava sul lato sinistro
della chiesa e si estendeva per quasi tutta la lunghezza della
navata; a seguito degli ultimi lavori di ristrutturazione del
Convento il Comune ha ceduto dei locali confinanti con la chiesa
dal lato destro per utilizzare la vecchia sacrestia, che oggi
costituisce il lato nord del chiostro del Convento che è stato
riaperto.
La Chiesa ha subito un restauro nel 1954 da parte
della famiglia Dentico e successivamente negli anni Novanta si
è avuto un altro restauro, soprattutto per quanto riguarda le
decorazioni e i dipinti in essa presenti.
IL
CONVENTO
Municipio
Il monastero, fondato come vicariato nel 1460, fu
soppresso con il Decreto di Papa Innocenzo X e poi, ricostruito nel
1654 e durò, a quanto sembra, sino alla completa soppressione
murattiana del 1809.
Nel 1813, dopo una visita di Murat nel suo giro
per i centri pugliesi, raccontano le cronache, l’ex Convento
fu consegnato al Sindaco, perché lo adibisse a caserma per le
truppe di passaggio; ma questi ebbe ben presto a lamentare
l’ulteriore degrado derivante dall’acquartieramento dei
gendarmi. Nel contempo, per impedire qualsiasi accesso ai piani
superiori, proponeva di chiudere con muratura la scala, lasciando
l’utilizzo della porta carraia e di una scala secondaria.
L’ipotesi porta a dedurre che l’ingresso conventuale
fosse adiacente all’ingresso della Chiesa e di conseguenza la
porta carraia fosse ubicata nella parte retrostante
all’attuale facciata.
Tre anni dopo, il monumentale ex monastero
cambiava ulteriormente destinazione per essere adibito in parte a
Carcere Mandamentale e in parte a sede municipale, per poi
finalmente essere oggetto di un’illuminata stabile
soluzione.: il Municipio cittadino.
Palazzo San Domenico si configura come un blocco
geometrico compatto e simmetrico nell’ampia visione
d’insieme pensata e programmata in funzione della componente
unitaria esterna in relazione agli ambienti interni, a guisa di
anello architettonico quadrangolare che circonda il bel
chiostro.
L’edificio è segnato verticalmente da
delicate paraste che scandiscono una chiara ritmicità assieme
agli interposti finestroni. Questi ultimi sono arricchiti dai
motivi decorativi delle ringhiere del pianterreno, e di quelle
delle balconate del primo piano, così da dividere la facciata
in scomparti netti.
Il corpo centrale avanza ad evidenziare il portone
a tutto sesto ove poggia la loggia del piano superiore, dove la
strombatura è impreziosita con una ricca decorazione di
riquadri con rosette sull’intradosso dell’arco. La
propulsione delle forme si spinge ancora più in alto con il
torrino dell’orologio. Su ambedue i lati dell’orologio
stesso, sono presenti due fregi in pietra, in alto è invece
presente una lunetta con decoro di sfera alata, simbolicamente
massonica (d’ispirazione illuministica = lotta
all’ignoranza, liberazione di ogni pregiudizio e fanatismo
religioso, aspirazione alla fratellanza universale). Il torrino si
conclude con due piccole campane sorrette da un ghirigoro in ferro
battuto.
L’interno del convento presenta al
pianterreno il quadriportico del chiostro ritmato dalle campate
sormontate da volte a crociera. L’antica corte seicentesca,
con al centro il manufatto del coevo pozzo, è stata sgombrata
d’ogni elemento e lastricata del tutto.
A sinistra della corte è presente uno scalone
di collegamento al piano superiore che in tre rampe si conclude
all’arrivo a due arcate affiancate: quella di destra funge da
ingresso, l’altra da affaccio. Gli ambienti si sviluppano con
le camere collegate che si aprono lungo il corridoio anulare che si
affaccia sul chiostro, coperto con volte a crociera scandito dal
ritmo regolare degli archi che si susseguono.
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