Matera, Chiesa di San Giovanni Battista

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Le penitenti di S. Maria di Accon, provenienti dalla Palestina, nel 1215 giungono a Matera e viene loro concessa, 1220, la cappella di S. Maria la Nova, appartenuta ai Benedettini sino al 1212. Nel 1229, costruiscono una nuova chiesa, ultimata nel 1236, in sostituzione della cappella benedettina. Dopo due secoli, nel 1480, le monache abbandonano la chiesa perché, essendo fuori le mura della città, è continuamente soggetta a scorrerie di soldatesche.

Nel 1695, Monsignor del Ryos, arcivescovo di Matera, constatate le pessime condizioni in cui si trova la chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista nel Sasso Barisano, trasferisce, con l’assenso delle monache di Accon, questa parrocchia nell’antica chiesa di S. Maria la Nova, rimasta abbandonata per più di due secoli. Nel XVIII secolo si attua un programma di interventi che ampliano la struttura religiosa: nel 1701 si realizza la sacrestia e nel 1735 la cappella del S.S. Sacramento, utilizzando parte del giardino retrostante.

Alla fine del secolo si realizzano interventi strutturali che modificano l’aspetto interno: le condizioni statiche delle tre cupole, che si innalzavano lungo il transetto, già gravi nel Seicento, peggiorano a tal punto da indurre il Capitolo a demolirle e sostituirle con volte di tipo leccese. Per contenere le spinte della nuova copertura si fodera la facciata con una teoria di arconi, che lasciano visibile il portale duecentesco, alla cui sommità trova posto la statua di S. Giovanni Battista.

La chiesa di S. Giovani Battista rappresenta, insieme alla Cattedrale, uno degli esempi più significativi dell’architettura romanico-pugliese di Matera. Un cronista del settecento così la descrive: “Resta ora di ragionar della chiesa di S. Maria la Nova intorno alla quale è da osservarsi l’architettura non tanto al di dentro, quanto da fuori. Tutta è ben disposta, ed adorna, ma sopra di tutto meravigliosa è al di fuori circa la perfezione e bellezza del lavorio Bizantino, per ogni parte ch’ella si voglia riguardare. Ma più di ogni altra cosa è da riguardarsi da tutti e quattro li lati, rappresenta una prospettiva differente dall’altra con vario e diverso lavorio, adornata di molte statue, e diversi animali e su la cima tre cupolette di gran altezza, e di queste fattezze poco, o rare chiese si trovano in questo Regno”.

La facciata principale è stata inglobata, nel 1610, nell’area dell’adiacente ex ospedale di S. Rocco e gli elementi scultorei in essa presenti trasferiti altrove: i due elefanti, sul prospetto absidale, il telamone, sulla muratura esterna della navata centrale.

L’impianto planimetrico è a croce latina a tre navate suddivise da pilastri compositi arricchiti da splendidi capitelli con raffigurazioni antropomorfe, zoomorfe e vegetali diverse una dalle altre. La navata centrale è coperta con volta a spigoli di tipo leccese, mentre le laterali, più basse, conservano la spazialità definita dalle campate originarie duecentesche con volte a crociera con costoloni.

Nella navata di sinistra si erge un altare policromo che incastona un affresco raffigurante Santa Maria la Nova e termina con due sculture attribuite alla scuola di Altobello Persio. Nella cappella del S.S. Sacramento si può ammirare una tela realizzata dal pittore Vito Antonio Conversi nel 1727.

Fonte: pannello Mirabilia